Cronache

Lo sportello per i baby bulli dove si impara la legalità

Esperti di diritto daranno consulenze gratuite a giovani: "Affrontiamo i problemi dell'adolescenza"

Lo sportello per i baby bulli dove si impara la legalità

Milano - No, Non è uno scherzo. «L'idea di creare veri e propri sportelli giuridici a cui i minori possono rivolgersi da soli, senza i genitori, fa parte di un'iniziativa che abbiamo chiamato Non è uno scherzo, nata dopo che, da ormai 15 anni, io e alcuni miei colleghi, all'interno dei progetti dell'Associazione Valeria, teniamo lezioni di legalità nelle classi di terza media e negli istituti superiori, portando i ragazzi anche alle direttissime in tribunale e organizzando vere e proprie simulazioni di processi in classe durante i quali i giovani individuano loro stessi chi possa rivestire il ruolo del pubblico ministero, dell'avvocato difensore, e via di seguito. Un giorno, però, mentre parlavamo di pedopornografia in una classe di terza media di una scuola milanese, una tredicenne è scoppiata a piangere a dirotto. Non capivamo la ragione. Poi si è confidata con un'insegnante. E alla fine dell'incontro è venuto fuori che un uomo, in cambio di una ricarica telefonica, le aveva chiesto prima una normale foto sul cellulare, quindi una foto in costume e infine in topless, minacciandola con una frase del tipo «io so chi sei» di dire tutto ai genitori o di poterle fare del male. Qualche giorno dopo è capitato con un ragazzo che sosteneva di aver solo scavallato: per noia, dopo una solenne sbornia, aveva staccato i vetri di una serie di auto parcheggiate e, facendosi aiutare da un coetaneo, aveva rubato quello che trovava all'interno. Ecco: la noia. Tra questi ragazzi è diffusissima. E ha effetti devastanti».

L'avvocato milanese Patrizia Pancanti, a turno con altri cinque colleghi volontari dell'associazione di promozione sociale Valeria, presieduta dal giudice di pace Anna Maria Paracchini (www.associazionevaleria.com) e che da anni ha individuato nella scuola l'interlocutore privilegiato nella vita del minorenne, dal 25 gennaio ha organizzato uno sportello giuridico rivolto a ragazze e ragazzi dai 12 ai 18 anni che vengono accolti in un ambiente protetto per ricevere una consulenza gratuita sui temi della legalità. Così, un avvocato penalista e un civilista a turno con altri quattro colleghi sono a disposizione gratuitamente tutti i giovedì pomeriggio, dalle 15.30 alle 17.30, nello spazio ChiamaMilano di via Laghetto 2, a due passi dalla Statale, per fornire ai giovani strumenti di sostengo e orientamento in materia giuridica in un contesto facilmente accessibile, senza appuntamento e, soprattutto, in forma totalmente anonima.

«Noi non possiamo e non vogliamo dare consulenze perché dal punto di vista strettamente deontologico ci è proibito e poi non è il nostro ruolo - spiega Pancanti -. Desideriamo invece offrire chiarimenti in questi giovanissimi, aiutandoli ad affrontare dubbi e situazioni di risultanza giuridica e magari indirizzarli poi a parlare con gli adulti di competenza, i genitori e magari poi le forze dell'ordine. Insomma: lo scopo è quello di far capire ai ragazzi - nei quali molto spesso riscontriamo non solo debolezza e immaturità, ma anche una grande fragilità magari celata dietro atteggiamenti spavaldi - che c'è un posto per parlare di qualcosa che non direbbero a nessuno».

Il 70 per cento dei giovani che chiede aiuto a Non è uno scherzo parla di problematiche legate alla droga, allo spaccio, ma anche al bullismo e al cyberbullismo, o all'aborto e ai metodi contraccettivi, ai maltrattamenti in famiglia, quindi alla possibilità di scegliere con chi stare quando i genitori si separano. Senza contare tutti quelli che usano l'Iphone a sproposito e poi vanno nel panico per quel che ne potrebbe derivare. «Un capitolo a parte - insiste Pancanti - lo meritano i giovani che vanno a votare per la prima volta. Che non sono motivati e non sanno nulla, mentre con la loro preferenza, potrebbero costituire una leva vera e propria per la svolta tanto attesa da questo Paese».

Ci sono infine comportamenti che molti minori assumono quotidianamente senza rendersi conto ma con una valenza penale.

«Non sanno ad esempio nulla del valore della diffamazione a mezzo whatsapp - conclude la penalista - e dobbiamo insistere per far comprendere loro l'esistenza del concorso in reato di cui si macchiano coloro, che pur non avendo un ruolo attivo, ma solo da spettatore, partecipano a un atto di bullismo, assistono a un pestaggio o peggio ancora lo istigano».

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