Cultura e Spettacoli

Solo i fantasmi ci salvano dall'autunno dell'amore

Dopo tante raccolte di racconti, Luca Ricci prova il romanzo: uno spiazzante sillabario dei sensi

Solo i fantasmi ci salvano dall'autunno dell'amore

I coniugi non si baciano, piuttosto si danno dei «bacetti» o «bacini» che rassomigliano a delle spinte con le labbra; a letto non si agitano per ricercare il piacere, «bensì per procurare un sollievo»; persino a tavola «le coppie smettono di parlare e cominciano soltanto a guardarsi». Il protagonista del primo romanzo di Luca Ricci (Gli autunnali, La nave di Teseo, pagg. 224, euro 17) si serve della sua vicenda personale per dimostrare la verità di una regola generale: con il passare del tempo, l'amore non è più tale.

«L'amore dopo l'amore», così lo chiama, è solo una penosa menzogna. La moglie Sandra, con cui vive nel quartiere romano di Prati, è ancora una bella donna, a parte un trascurabile cedimento relativo alla carne delle braccia; ma lui, a cinquant'anni, non è solo uno scrittore che ha rinunciato a sfacchinare sulle carte e si limita a qualche saltuaria collaborazione con i giornali: è un uomo sentimentalmente finito. Il suo «caso», peraltro, non ha nulla di sorprendente, anzi obbedisce a una norma inesorabile: nell'autunno della vita è impossibile che tornino i tempi dei cuori che s'accendono, per rievocare un verso di Rimbaud.

Sembrerebbe di essere finiti nel bel mezzo di un romanzo naturalista: non era Flaubert a vagheggiare di una «storia naturale dell'amore»? Non era Taine, il massimo teorico di quel movimento letterario, ad affermare che le passioni umane possono essere studiate scientificamente come un chimico studia «il vetriolo e lo zucchero»?

Anche il protagonista degli Autunnali («gli autunnali sono quelli senza clorofilla») non ha dubbi: «Erano terribili le leggi fisiche dell'amore, ed era un bene che nessuno avesse tentato di sistematizzarle, che non ci fosse stato mai un Einstein del cuore». Senza contare che nelle pagine di Ricci abbonda l'impassibilità carogna di Flaubert, e quanto al suo emulo più dotato, Maupassant, domina nelle citazioni in epigrafe, nei titoli dei capitoli e nel modo brutale con cui sono tratteggiati i personaggi.

Conto chiuso per la critica, allora? Neanche per idea: si tratta, essenzialmente, di una cornice dentro la quale si gioca una partita che con il naturalismo ha poco a che fare. Lo scarto, il colpo di teatro, si verifica quando il nostro uomo, in un mercatino, si imbatte in un volume dedicato agli artisti maledetti di Montmartre e ne sfoglia alcune pagine, rimanendo colpito da una fotografia che raffigura la compagna di Amedeo Modigliani, Jeanne Hébuterne. Su questo perno il romanzo ruota e diventa un altro romanzo. Jeanne Hébuterne si uccise pochi giorni dopo la morte (per tisi) del grande pittore livornese, gettandosi dalla finestra sebbene fosse al nono mese di gravidanza.

Acquistare il volume non è un atto privo di conseguenze: in casa si moltiplicano le «apparizioni», la sensazione di una presenza estranea diviene palpabile finché una sera lo spettro di Jeanne si fa vivo in camera da letto, sotto forma di un peso invisibile che schiaccia il materasso. È, letteralmente, il peso della Grazia, l'intervento di un'entità che non rispetta le leggi che solitamente reggono gli uomini. Ogni storia d'amore è una storia di fantasmi, dirà il lettore che conosce Infinite Jest e sa le ossessioni di David Foster Wallace, ma in fondo non c'è alternativa: è illusorio sperare di scampare alla senilità incipiente con il sesso adulterino o mercenario, perché quel sesso appartiene al piano naturale e dunque non libera. Solo l'amore ha quel potere. Ma visto che l'amore in grado di negare la natura nasce, come un figlio illegittimo, solo a vent'anni, ed è anche lui radicato nel corpo e nelle sue leggi, l'unica via di fuga rimane innamorarsi di un fantasma; poi, tutt'al più, si potranno cercarne le reincarnazioni. La seconda parte degli Autunnali si svolge dunque sotto un cielo di puro novecentismo; a tratti, sembra addirittura di ascoltare il narratore della Noia di Moravia. Il tema del doppio, del Doppelgänger, del sosia invade ogni pagina, sovrastando il susseguirsi dei capoversi il cui ritmo cadenzato non viene alterato dalle scene più concitate, per esempio quella in cui il nostro eroe riesce a raggiungere l'oblio frustando una prostituta.

Il tempo è il grande protagonista: il tempo che invecchia e il passato che finge di ritornare nella figura di Gemma, un'amica della moglie la cui somiglianza con Jeanne spinge a credere che si possano costringere le stagioni a curvarsi su se stesse.

Che una simile impresa sia destinata allo scacco, perché basata su un'ipotesi inane, assicura che il tipo d'amore inseguito negli Autunnali sia incompatibile con la vita e anche con la morte, che del resto in questo romanzo sono un po' la stessa cosa.

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