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Tra chitarre e debiti: Gibson a rischio crac

È un blues malinconico quelle che esce ora dalle chitarre Gibson

Tra chitarre e debiti: Gibson a rischio crac

È un blues malinconico quelle che esce ora dalle chitarre Gibson. Racconta di fallimenti e bancarotte, quel crocicchio à la Robert Johnson che talvolta le aziende rischiano di attraversare, per poi perdersi. Storia di debiti, troppi debiti accumulati da quella che resterà ad aeternum, comunque vada, un'icona del rock, l'oggetto del desiderio di generazioni di aspiranti guitar hero pronti a schierarsi col piglio manicheo che è proprio e solo dei maschi: i fan Gibson da una parte, quelli Fender dall'altra. Capace di passare da sonorità hard a sfumature jazzistiche la prima, soprattutto nella cristallizzazione senza tempo della versione creata da Les Paul nel '52; meno versatile, ma dalla timbrica inconfondibilmente tagliente la seconda. Visioni del mondo musicale contrapposte, anche se le scappatelle non sono mai mancate. Tipo quella di un fenderiano doc come Dave Gilmour, pronto a tradire la fedele Stratocaster con Gibson per il solo di «Another brick in the wall».

Il problema di Gibson è che non basta avere un gloriosissimo passato pluricentenario (fondazione nel 1894, a Kalamazoo), nè essere stata la delizia dei polpastrelli di gente del calibro di B.B. King, George Harrison dei Beatles, Neil Young, il grande Jimmy Page dei Led Zeppellin, Keith Richards dei Rolling Stones e di Carlos Santana: alla fine, bisogna fare i conti con i... conti. E da quelli esce una musica insopportabilmente acida: entro inizio agosto vanno ripagati 375 milioni di dollari di un prestito obbligazionario. Poi c'è anche un prestito bancario di 145 milioni, da rifinanziare prima del 23 luglio. Una situazione disperata, alla greca. Qui però non c'è la troika, bensì un nuovo direttore finanziario, Benson Woo, assunto col compito di evitare il binario morto. Missione ben più complicata di una pentatonica, con quella «sezione strumenti musicali» che non rende quanto dovrebbe, a causa dei margini mangiati dai cloni Les Paul a basso prezzo.

Quelli che forse riusciranno ad affondare l'azienda, non certo il mito.

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