Cronaca locale

Paris: l'appalto del verde? C'era rischio "Spelacchio"

L'ex manager Expo sull'affidamento diretto: «Non c'erano i tempi per coltivare bene le piante»

Paris: l'appalto del verde? C'era rischio "Spelacchio"

Non solo Expo rischiava di partire in ritardo, ma anche di essere decorata con una distesa di «Spelacchi» invece che di rigogliosi alberi. Per questo è stato necessario affidare senza gara alla Mantovani spa l'appalto per la fornitura di 6mila «essenze arboree». Lo ha spiegato ieri in udienza preliminare, rendendo dichiarazioni spontanee, l'ex manager di Expo 2015 Angelo Paris.

L'affidamento diretto, ha dichiarato Paris che è coimputato del sindaco Giuseppe Sala per abuso d'ufficio, era necessario per garantire la «qualità» del «materiale vegetale» e il «rispetto dei tempi». Basti pensare, ha sottolineato, che lo stato di avanzamento dei lavori della Piastra dei servizi nell'aprile del 2013 era del 3 per cento (da contratto doveva essere del 16%). C'era un «rischio Spelacchio», ha aggiunto il suo legale, Luca Troyer. Le piante cioè avevano bisogno di determinati tempi tecnici e di un certo tipo di coltivazione, in vaso e poi a terra, per attecchire, crescere e sopravvivere. Non c'era il tempo quindi per una gara d'appalto, che avrebbe richiesto alcuni mesi.

L'ex ad di Expo e Paris rispondono appunto davanti al gup Giovanna Campanile di abuso d'ufficio (Sala è già a processo per l'accusa di falso), per la vicenda del verde. Per i procuratori generali Vincenzo Calia e Massimo Gaballo, avrebbero procurato «intenzionalmente» un «ingiusto vantaggio patrimoniale» alla Mantovani, violando il codice degli appalti. Paris ieri ha voluto chiarire che nella primavera del 2013 c'era «l'impossibilità di prevedere un piano di posa in opera del verde residuo in presenza di diversi vincoli non tutti controllabili» e bisognava rispettare «i tempi complessivi dell'intervento con garanzia di risultato finale». Non solo: «La qualità del verde era una delle peculiarità principali del Masterplan di Expo 2015». Ha aggiunto l'ex manager: «Il responsabile della fase esecutiva di Expo 2015 mi comunicò che vi erano rischi concreti sulle tempistiche», la fornitura andava affidata «entro il 20 giugno 2013» e le coltivazioni dovevano partire in autunno. La decisione dell'affidamento diretto fu «condivisa con Metropolitana Milanese e Ilspa», il progetto «realizzato da MM era solido, lo sconto ottenuto il più alto sulle opere complementari» e «il prezzo fu una negoziazione tra due parti di cui una, Expo, in condizione di urgenza operativa». I pg hanno anche fatto acquisire agli atti del procedimento (al centro le accuse di corruzione e turbativa d'asta, gli imputati sono in tutto otto) circa 50 faldoni di verbali dei cda Expo dal 2010 in poi. Ieri il giudice ha infine respinto alcune eccezioni delle difese. Come quella di «nullità», avanzata dall'avvocato di Sala Salvatore Scuto, degli atti della Procura generale sull'accusa di abuso d'ufficio. Quella «nuova», cioè, rispetto all'iniziale avocazione dell'inchiesta. Respinta anche la richiesta di Ilspa di costituirsi parte civile contro Sala e Paris.

L'udienza continua l'8 e il 22 marzo.

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