Economia

Cda Telecom diviso anche su Persidera

Per i «mux» spunta l'offerta di fondo Usa. Ma il mandato all'ad Genish passa a maggioranza

Maddalena Camera

Escono alla spicciolata dalla sede milanese di via Negri consiglieri e sindaci di Telecom impegnati ieri nel cda straordinario per esaminare la vendita di Persidera (società di diffusione di canali tv digitali). Ma nessuno vuole parlare, neppure il presidente, solitamente ciarliero, Arnaud de Puyfontaine, che ha dovuto confrontarsi con un consiglio d'amministrazione sempre meno addomesticabile, composto da consiglieri realmente indipendenti come Lucia Calvosa e Francesca Cornielli, e i sindaci che hanno già fatto fallire la creazione di una joint venture tra Tim e Vivendi sui contenuti, per risolvere la contesa con Mediaset per il mancato acquisto della pay tv Premium da parte di Vivendi.

Anche ieri, l'operazione per la vendita di Persidera è passata al vaglio del comitato controllo e rischi, in applicazione della disciplina per parti correlate, solo con voto di maggioranza e non all'unanimità. Il cda ha comunque dato mandato all'ad Amos Genish, collegato da Roma, di finalizzare l'operazione, fermo restando che ogni ulteriore eventuale offerta vincolante sarà presa in considerazione. Infatti oltre a quella avanzata dalla cordata F2i-Rai Way per circa 250 milioni, sul tavolo del consiglio è arrivata all'ultimo momento un'altra proposta dal fondo infrastrutturale Usa I Squared Capital. Si tratta di «un'offerta non vincolante e non sollecitata», che valuta la società dei mux, di proprietà per il 70% di Telecom e per il 30% di Gedi (ex gruppo Espresso) tra i 290 e i 300 milioni. Vivendi, maggior azionista di Telecom, è obbligata a vendere Persidera per ordine dell'Antitrust Ue. Dato che possedendo il 23,9% di Telecom e il 29,9% di Mediaset (che a sua volta controlla la società dei mux Ei Towers) sfora la quota permessa per il mercato delle reti televisive. L'intreccio di partecipazioni incrociate che doveva portare il patron di Vivendi Vincent Bollorè a creare una media company europea capace di contrastare lo strapotere di pay tv via Internet tipo Netflix si è dunque rivelato un pasticcio a livello regolatorio.

E sul fronte della giustizia Vivendi non sta meglio. L'intesa con Mediaset non c'è stata e martedì prossimo ci sarà la prima udienza. In realtà questa non è l'unica causa tra le società. Ieri infatti il tribunale di Roma ha stabilito che Dailymotion, sito simile a Youtube controllato al 100% da Vivendi, è obbligato a rimuovere tutti i filmati relativi alla trasmissione televisiva del Biscione, l'Isola dei famosi. In caso di ritardo nell'applicazione della sentenza DailyMotion dovrà pagare 10mila euro al giorno a Mediaset che dal 2012 ha promosso ben 7 cause contro DailyMotion con richiesta danni totali pari a 345,95 milioni per 289.647 minuti di video piratati (4.827 ore, 201 giorni consecutivi). Chiudere i contenziosi con Mediaset sarebbe semplice basterebbe che Vivendi pagasse una cifra che, secondo indiscrezioni, oscilla tra i 600 e i 700 milioni. Ma i francesi non ci stanno.

Intanto per Telecom si prospetta un periodo denso di impegni in vista del cda sui conti e sul piano industriale previsto per il 6 marzo prossimo. Sul tavolo ci sarà il progetto di scorporo della rete che la società sta portando avanti insieme all'Agcom, quello della gestione degli esuberi, sono circa 7mila quelli previsti e il possibile addio al progetto di joint venture per i contenuti con Vivendi.

Tim ha confermato che anche senza joint venture il suo progetto di diventare un operatore quadruple player (fisso, mobile, Internet e contenuti) non si fermerebbe comunque.

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