Cultura e Spettacoli

Ecco "The Resident", l'anti "Grey's anatomy". Il lato oscuro dei medici diventa una serie tv

Su Fox si mettono a nudo i limiti della sanità americana (e anche i pregi)

Ecco "The Resident", l'anti "Grey's anatomy". Il lato oscuro dei medici diventa una serie tv

da Los Angeles

Da ER a Grey's Anatomy, i «medical drama» hanno sempre esercitato un grande fascino sul pubblico televisivo.

Quello che Foxlife propone con il suo nuovo show, The Resident, in onda dal 5 marzo in prima serata, è qualcosa di diverso: The Resident è il lato oscuro della sanità americana messo a nudo. È, come è stato sottolineato dalla critica USA, «l'anti-Grey's Anatomy». La serie, ambientata al Chastain Park Memorial Hospital di Atlanta, racconta dei percorsi professionali di tre medici, ciascuno in un momento diverso della propria carriera, offrendo una visione cinica e realistica di uno dei sistemi sanitari, quello americano, più criticati al mondo.

Matt Czuchry (Una Mamma per Amica) è Conrad Hawkins, uno dei migliori dottori sulla piazza, disposto a tutto pur di curare i pazienti. La sua visione disincantata delle cose e la sua schiettezza nel mostrare la vera natura della medicina moderna, hanno l'effetto di scoraggiare i giovani tirocinanti come Devon, interpretato da Manish Dayal (Agents of Shield). Randolp Bell (Bruce Greenwood di American Crime Story) è un medico anziano e molto stimato, che a causa dell'avanzare dell'età inizia a perdere qualche colpo. Emily VanCamp (Revenge), veste i panni dell'infermiera Nicolette. Oltre a essere molto abile nella sua professione, la ragazza ha una relazione altalenante con Conrad.

Antoine Fuqua, regista americano noto per aver diretto, fra e altre cose, Training Day (2001) e I Magnifici 7 (2016) è fra i produttori esecutivi della serie. «Gli show medici classici, sono ormai radicati nella nostra cultura. In tanti li amano, perché ritraggono il mondo della sanità in America in un certo modo, in fin dei conti positivo. Il problema è che nella realtà le cose sono diverse. Noi abbiamo cercato di rappresentare una situazione più simile alla vita di tutti i giorni, mettendo a nudo quelli che possono essere i problemi in un'azienda ospedaliera, i punti critici, le dinamiche imperfette. È bastato iniziare le riprese per capire che stavamo riportando a galla storie vere, chiunque è stato ricoverato in questo Paese potrà capire di cosa parliamo».

Non si tratta però di una serie in cui il lavoro dei medici viene solo messo in cattiva luce. È lo stesso produttore a specificare: «Quella medica è forse l'unica professione in cui ogni decisione può significare vita o morte di una persona. Quante volte dopo il decesso di un paziente i parenti si sentono dire che il loro caro è morto a causa di complicazioni? Di cosa si tratta esattamente? Infezioni, medicazioni errate o magari trattamenti somministrati in modo eccessivo per far guadagnare di più un ospedale che ha fra i suoi obbiettivi principali il profitto. Chi lavora in questo campo spesso è in buona fede, ma in uno show come il nostro è giusto rappresentare anche gli aspetti più oscuri di questa realtà. Il motivo per cui mi sono subito appassionato a questo progetto, è che mostra sia la parte buona che quella cattiva della sanità a stelle e strisce. In tv si vedono quasi sempre dottori che seguono diligentemente le procedure mediche. La differenza è che se ti rilassi troppo guardando The Resident, ti arriverà un calcio in faccia quando meno te lo aspetti».

Uno show che colpisce diretto? «Esattamente.

Abbiamo elaborato trame imprevedibili, a volte spietate, proprio come la vita».

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