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Il piano del docente islamista: 110 bimbi per attaccare Londra

Condannato il docente che ha tentato di radicalizzare 110 giovani studenti. I bambini avrebbero dovuto colpire Londra con un’ondata di attacchi terroristici

Il piano del docente islamista: 110 bimbi per attaccare Londra

Umar Haque, sedicente insegnante e sostenitore dell'Isis, è stato dichiarato colpevole dall'Old Bailey Court di Londra per aver cercato di creare un esercito di bambini che avrebbe dovuto colpire la capitale inglese con un’ondata di attacchi terroristici. Altri due uomini, il diciannovenne Abuthaher Mamun ed il 27enne Muhammad Abid, sono stati condannati per aver assistito Haque. Tra il 25 marzo e il 18 maggio dello scorso anno il venticinquenne Umar Haque, ha tentato di radicalizzare 110 giovani studenti di età compresa tra gli 11 ed i 14 anni. Tra gli obiettivi da colpire il Big Ben, la Queen's Guard, l'aeroporto di Heathrow, stazioni televisive, banche, ed il centro commerciale Westfield. Nonostante Haque non avesse titoli, l’uomo ha insegnato Studi Islamici per cinque anni presso la scuola di lingue Lantern of Knowledge di Leyton e presso l'Essex Islamic Academy, nella zona est di Londra. Secondo la polizia inglese, durante il suo insegnamento il venticinquenne sarebbe entrato in contatto con almeno 250 giovani, tentando di radicalizzarne 110 di età compresa tra gli 11 ed i 14 anni. Subito dopo il verdetto dell'Old Bailey Court di Londra, la Charity Commission britannica ha confermato che dallo scorso ottobre è in corso un'indagine sull'Essex Islamic Academy. Una seconda inchiesta sulla scuola di lingue Lantern of Knowledge è stata aperta il 17 febbraio scorso.

Il gioco di ruolo

Oltre ad assistere ai video di propaganda diffusi dall'Isis, i giovanissimi studenti sono stati costretti a ricostruire l'attacco mortale di Westminster dello scorso anno come un gioco di ruolo. L’uomo (probabilmente radicalizzato on line) per sua stessa ammissione ha cercato di preparare i suoi studenti al martirio, impartendo loro istruzioni precise in un gioco di ruolo. Alcuni sarebbero stati trasformati in IED da infiltrare nei centri commerciali inglesi. Umar Haque, attenzionato dal 2016 dall’MI5 per materiale relativo al terrorismo rinvenuto nel suo cellulare durante un controllo all’aeroporto di Heathrow, aveva ottenuto il silenzio dei suoi studenti paventando ritorsioni contro le loro famiglie. La polizia inglese non ha ancora spiegato il motivo per cui Haque, non avendo alcun titolo per farlo, abbia potuto insegnare per cinque anni in due scuole. Trentacinque bambini sono stati sottoposti a misure di salvaguardia a lungo termine a cura dei servizi sociali inglesi.

“Abbiamo 275 mila eroi, i non credenti 350 mila: chi ha più soldati?”

Dopo aver conquistato Mosul nel 2015, l’Isis ordinò la distruzione di molti libri di testo. Rientrava in una lucida pianificazione a dispetto di quella che inizialmente veniva definita come una piccola rivolta di ribelli. Così come ogni regime totalitario, l’Isis una volta conquistato un territorio avviava un dettagliato quanto meticoloso programma di indottrinamento partendo proprio dalle scuole dell’infanzia (il famoso Programma per Cuccioli). Un vero e proprio corso di studi elaborato per un semplice scopo: instillare l’odio e creare martiri per la causa. La prefazione del libro di educazione fisica rinvenuto a Mosul ed elaborato per i bambini dai sei ai dodici anni recitava testualmente: “Espandere – Continuare-Esistere”. Quelle parole erano ripetute fino allo sfinimento per una scelta non casuale: si rifacevano al credo dell’Isis che recitava “Continuerà ed esistere e ad espandersi”.

L'odio come materia di studio: il caso di Hamas

Un bambino di Gaza impara a disprezzare Israele al suo primo giorno di scuola. Il sistema di istruzione di Hamas insegna agli studenti che gli ebrei non hanno un collegamento con la terra d'Israele e che provengono dall'Europa. I loro libri di testo non fanno alcuna menzione di ebrei dai paesi arabi. Non vi è alcun riconoscimento del popolo ebraico come nazione. Gli ebrei sono descritti come criminali e ladri. Hamas diffonde questa propaganda nelle scuole con opuscoli e programmi televisivi. Dal 2013 Hamas insegna ai bambini l'ebraico che essi definiscono come la lingua del nemico. Israele è il nemico e l'insegnamento della lingua è fondamentale per la comprenderlo (e sconfiggerlo). Per mantenere i giovani di Gaza indottrinati durante le vacanze, Hamas organizza anche dei campi estivi.

Quando in Tunisia glorificarono Hitler

Per il festival Dakhla che segna la fine delle lezioni, nell’aprile del 2015 in alcuni licei della Tunisia si crearono striscioni giganti per la gloria del Terzo Reich e dell'Isis. In uno dei licei a Jendouba, nel nord-est del Paese, un gigantesco striscione raffigurava Hitler mentre salutava la bandiera tedesca. Sulla pagina Facebook della scuola sono state pubblicate massime attribuite al Fuhrer come “Non confrontarsi con un uomo che non ha nulla da perdere” o “Se amate il vostro nemico, dovreste sentirvi ridicoli”. In un'altra scuola nella zona di Jendouba, la bandiera nera dell'Isis è stata esposta con su scritto “Aspettiamo che arrivi la potenza di Dio". Non potevano mancare i bersagli come Steve Jobs e Bill Gates, ritenuti simboli dell'imperialismo americano. Nelle scuole superiori di Kairouan, centro religioso della Tunisia, striscioni glorificavano l'Isis. Uno di questi raffigurava un guerriero mascherato armato di scimitarra con due prigionieri in pigiama arancione. Uno di questi è in fiamme: rappresentava il pilota giordano bruciato vivo dall’Isis nel febbraio del 2015. Il fascino per il Terzo Reich non è raro nei paesi arabi che non hanno subito il trauma del nazismo (islamo-nazismo), ma restano comunque ostili allo Stato di Israele. La questione – si chiedevano dal sito tunisino Businessnews – è capire se i ragazzi glorificarono Hitler e l’Isis per ignoranza o per credo.

Il terrorismo infantile

Tattiche di infiltrazione: gli IED inconsapevoli

Il terrorismo è un’ideologia mentre l'estremismo giovanile non è un fenomeno esclusivamente musulmano. La frangia dissidente dell’IRA, la Real IRA dell’Irlanda del Nord alla fine degli anni ’90 ad esempio, iniziò a reclutare adolescenti tra i 14 ed i 16 anni. I bambini sono stati reclutati e sottoposti al lavaggio del cervello per combattere in Cambogia, Myanmar, Mozambico, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria, Libia solo per citare alcuni paesi. Gli eserciti hanno utilizzato storicamente i bambini come batteristi e portabandiera. Il loro ruolo si è poi evoluto per operazioni di spionaggio, contrabbando, combattimento e resistenza. Anche se la pratica non è universalmente condivisa tra i terroristi, i bambini sono utilizzati come inconsapevoli IED.

Secondo Human Rights Watch, organizzazione non governativa internazionale che si occupa della difesa dei diritti umani “I bambini sono come i rami di un albero che possono essere facilmente piegati, spezzati e sradicati. I bambini sono particolarmente vulnerabili al reclutamento militare a causa della loro immaturità emotiva e fisica. Sono facilmente manipolabili e possono essere trascinati nella violenza poiché troppo giovani per resistere o comprendere”. Storicamente, i bambini hanno combattuto per numerosi gruppi politici e religiosi in molti paesi del mondo. Secondo il rapporto delle Nazioni Unite, “decine di migliaia di bambini vengono reclutati e utilizzati come soldati nei conflitti armati in tutto il mondo”. Secondo l'UNICEF nel solo 1988 si contavano 200.000 bambini soldato. In Uganda nel 1986, l'esercito di resistenza nazionale contava 3000 bambini, molti al di sotto dei 16 anni, tra cui 500 ragazze.

L’istruzione è potere

La vulnerabilità al terrorismo è determinata dall'estrema povertà, dalla scarsa istruzione e dall’instabilità costante. Poiché i bambini hanno meno probabilità di capire la differenza tra bene e male, sono facilmente manipolabili e attirati dalla violenza. Proprio l’istruzione gioca un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro di un bambino. Nelle comunità povere ed instabili, i terroristi utilizzano la narrativa strategica per manipolare le giovani menti e portarle alla loro causa. Nella distorta visione della realtà propinata dai terroristi, il martirio diventa un'ambizione per i giovani. Se avessero ricevuto una corretta educazione in un contesto normale, non cercherebbero un valore nella morte. L'economia poi, game changer nella vita di una persona. Nelle nazioni povere i giovanissimi hanno maggiori probabilità di svolgere attività illegali per guadagnare denaro e sostenere la propria famiglia. L’Isis ad esempio è stata una delle prime organizzazioni terroristiche a stipendiare i giovani sotto i 18 anni, cosa che i governi locali non facevano. Negli ambienti instabili, i membri delle organizzazioni terroristiche costringono le famiglie ad inviare i propri figli a combattere per loro. Concentrarsi esclusivamente sulla leadership delle organizzazioni terroristiche non è sufficiente poiché manca il più ampio contesto socio-economico che consente loro il reclutamento. Violenze, umiliazioni e mancanza di opportunità derivano dal fallimento dei sistemi educativi e della stagnazione economica in molte parti del mondo.

Le vittime di oggi, i terroristi di domani

Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente. La stabilità politica gioca un ruolo importante nel mantenere una nazione sicura mentre promuove programmi economici e di sviluppo. Senza tale stabilità è impossibile attuare tali progetti per aiutare i cittadini di una nazione. Il terrorismo è un’ideologia per una guerra di contenuti: istruzione e conoscenza sono strumenti essenziali per sradicare l'estremismo giovanile, motivo per cui è imperativo negare le risorse potenziali da cui attingere. E' opportuno quindi contrastare le istituzioni che assistono i gruppi terroristici nella mobilitazione e nel reclutamento. I leader religiosi dovrebbero condannare l'estremismo giovanile, mentre lo stato dovrebbe costruire sistemi scolastici statali come alternativa a quelli religiosi privati. Necessario, infine, scardinare lo status quo che premia gli attentatori suicidi ed i loro parenti.

Come l’Isis reclutava i bambini

In base alle testimonianze raccolte dalle organizzazioni umanitarie presenti in Iraq e Siria, l’Isis utilizzava delle procedure standard per reclutare i bambini. Nella fase iniziale i terroristi entravano in un villaggio o quartiere, organizzando gare di recitazione del Corano. Distribuivano poi caramelle, gelati e giocattoli. In questa fase il rapporto tra terroristi e bambini è estremamente cordiale. La seconda fase avveniva all'interno delle scuole del villaggio con osservatori che identificavano le propensioni individuali dei giovani studenti. Per desensibilizzarli alla violenza venivano mostrati video di decapitazioni. Il processo era graduale, ma costante tramite il gioco. Inizialmente i bambini venivano invitati a decapitare le bambole. Successivamente iniziavano a partecipare dal vivo alle decapitazioni come premio: consegnare i coltelli al boia o condurre i prigionieri alla loro morte dinanzi la folla era considerato un privilegio agli occhi del bambino. Il processo era graduale. Nella terza fase i bambini prescelti venivano portati nei centri di addestramento militare. L'idilliaco rapporto delle prime fasi lasciava spazio ad esercitazioni, addestramento alle armi ed indottrinamento continuo. Le nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. La narrativa utilizzata dai terroristi ha il duplice obiettivo di rafforzare la coesione del gruppo e creare un imperativo morale per il cambiamento, inquadrando esattamente gli avversari. Dopo l'addestramento base, ai bambini veniva offerta la possibilità di specializzarsi in base alle loro propensioni. Non tutti i bambini radicalizzati venivano utilizzati in operazioni di martirio e combattimento. Molti venivano preparati per diventare i terroristi di domani.

Il terrorismo come atto comunicativo: coesione e de-umanizzazione

Per i terroristi l’omicidio, che è sempre di ispirazione divina, non è una violazione della Sacra Scrittura, ma un obbligo in rispetto alla nuova e distorta rivisitazione moderna della teologia islamica. Poiché sono le azioni terrene che garantiscono le ricompense divine, l’omicidio ha pienamente senso. L'Isis ad esempio ha decontestualizzato la teologia islamica creando attori con obiettivi assolutisti o non negoziabili, per quella profonda dicotomia tra bene e male. Il codice morale nei terroristi è assente, i nemici de-umanizzati: in questo modo si elimina ogni ostacolo verso l'assassinio di massa di civili, tra cui donne e bambini. Caratterizzare i membri del terrorismo come vittime di una società ingiusta ne aumenta la coesione organizzativa, mentre nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. L'identità del gruppo è fondamentale per la formazione, l'assunzione e il funzionamento delle organizzazioni terroristiche. Le narrazioni strategiche impiegate dalle organizzazioni terroristiche seguono una precisa struttura progettata per mostrarsi idealizzata e non contraddittoria. Obiettivo della propaganda è il rafforzamento dell'identificazione negativa di coloro che non sono conformi agli ideali del gruppo. In sintesi, le comunicazioni terroristiche celebrano e definiscono l'identità dei militanti, definendo quali azioni devono essere adottate o evitate per preservare l'integrità dell'appartenenza al gruppo. Uno spiccato senso di vittimismo si traduce in un potente motivatore per giustificare la violenza e l'ideologia estremista. L’obiettivo è quello di scatenare una dissonanza cognitiva per azioni religiosamente, politicamente ed eticamente non giuste, ma idealmente necessarie per raggiungere gli obiettivi del gruppo. Tale giustificazione è essenziale per razionalizzare il coinvolgimento contro i gruppi percepiti come negativi. Le narrazioni strategiche sono strutturate per giustificare nel terrorista un’azione che si discosta dalla propria identità religiosa, culturale e politica. Le costanti informazioni stereotipate contribuiscono ad una distorta attribuzione dell’errore ed alla de-umanizzazione dell’avversario, inglobato in un’unica categoria.

De-umanizzare il nemico

Riscrivendo la percezione di un nemico lo si colloca al di fuori di un gruppo. Non riconoscendo nell’avversario alcun tipo di diritto, si elimina qualsiasi tipo di preoccupazione e rimorso nel compiere azioni efferate contro soggetti che non dispongono di caratteristiche umane. La retorica delle organizzazioni terroristiche impiega spesso linguaggi e immagini per ritrarre i nemici con spiccate caratteristiche negative a svariati livelli (affettivi, culturali, intellettivi). Enfatizzando la percezione di un nemico non umano infine, si annulla qualsiasi tipo di negoziazione pacifica. L'esame della retorica e della propaganda di un determinato gruppo andrebbe eseguita con un approccio analitico per identificare la loro struttura prima di intraprendere un approccio comunicativo. I messaggi dovranno essere strutturati per dimostrare l’esistenza di valide alternative all’adesione delle organizzazioni terroristiche. Tuttavia anche un corretto messaggio non avrà effetto se non sponsorizzato da soggetti credibili in grado di eliminare e confutare le precedenti idee estremiste veicolate. E’ inutile trattare i terroristi come un gruppo monolitico, la segmentazione del pubblico è necessaria.

I fattori rigeneranti del terrorismo

La natura ciclica del terrorismo si basa su tre fattori rigeneranti. Il primo è legato all’esperienza storica delle organizzazioni radicali che sono riuscite a fondere la jihad con il terrorismo. I media occidentali hanno poi contribuito a perpetuare questa concezione errata. Sfruttando i conflitti locali si forma un’ideologia religiosa che si basa sul ripristino di una forma di califfato per un confronto con l’infedele Occidente. Il secondo fattore ruota attorno all’ideologia simile di questi gruppi che consente loro di raggiungere obiettivi generali condivisi senza un coordinamento organizzativo. La loro forza deriva dall’ideologia, non dai leader che possono essere eliminati. La forza centrale di queste organizzazioni è la loro base radicalmente islamica che ha un’ampia portata e che permette loro di continuare a produrre nuovi gruppi terroristici. Il terzo fattore di cui godono questi gruppi è la loro grande capacità di sfruttare le condizioni locali, come l’instabilità, i conflitti politici e settari. La forza militare è necessaria ma ha un effetto temporaneo poiché i terroristi sono in continua evoluzione e adattamento che a sua volta si traduce in longevità. Ancora oggi si ignora il piano dell’Occidente per azzerare i fattori rigeneranti alla base della natura ciclica del terrorismo.

Ricordando il concetto di nebbia di Lawrence d’Arabia ed i pesci di Mao, il terrorismo è un’ideologia.

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