Controcultura

Sacro e profano nel magico cielo di Piacenza

In Santa Maria di Campagna un'autentica festa della pittura

Sacro e profano nel magico cielo di Piacenza

Iniziammo con Parmigianino per il restauro degli affreschi della Chiesa della Steccata a Parma. Una ben praticabile impalcatura consentiva di salire, per vedere da vicino dettagli impensabili, figure umane e nature morte. Non era la prima volta per l'esperienza degli intendenti: ero stato, come ispettore delle belle arti, su molte impalcature, e in particolare, nella Cappella Sistina per il restauro degli affreschi di Michelangelo, nel 1994. Ma, per il grande pubblico, l'occasione della Steccata fu notevolissima, e si ripeté, qualche anno, dopo con Correggio, entrando nella cupola del duomo di Parma.

Per il Pordenone, e per l'entusiasmo che, oggi come allora, accende a Piacenza, è utile leggere il Vasari: «Fu condotto in Piacenza, e da que' gentiluomini onoratamente raccolto; fece per essi infiniti lavori, e particularmente nella chiesa di Santa Maria di Campagna, ove dipinse tutta la tribuna, della quale una parte ne rimase imperfetta per la sua partita, e poi fu diligentemente finita da Maestro Bernardo da Vercelli. Fece ancora in detta chiesa a fresco due cappelle, una di Santa Caterina, con istorie sue, l'altra della Natività di Cristo e della solenne Adorazione de i Magi, cosa molto eccellente e lodata da tutti. Dipinse poi nel bellissimo giardino di M(esser) Barnaba del Pozzo dottore, alcuni quadri di poesia. Poi lavorò similmente pur nella chiesa di Campagna la tavola dell'altare di Santo Agostino, entrando in chiesa a man sinistra. Le quali opre di lode degne infinitissimamente ornarono quella città et egli di premii grandi e di straordinarie accoglienze ne fu remunerato. E per meglio rimeritarlo volsero que' gentili uomini darli moglie, per poterlo di continuo onorare e delle opre sue quella città abbellire».

Oggi si ritorna a Piacenza, che già aveva aperto agli ascendenti l'ombrello degli spicchi della cupola di quel duomo, con gli affreschi di Guercino. Un'esperienza travolgente, rara in una città riservata come Piacenza. Si sale per andare dove, ora? Al santuario di Santa Maria di Campagna. Si sale lungo le scalette interne, con alcune passerelle di collegamento e piazzole di sosta, per arrivare all'anello del ballatoio praticabile sotto la cupola. Cosa ci aspetta la' in alto? Ricordate nella volta della Cappella Sistina, la creazione di Adamo? Il Padre Eterno arriva, spinto da un vento immemorabile, stretto fra gli angeli, per dare spirito e vita ad Adamo. Ed ecco che lo ritroviamo al sommo della cupolina. Ed è una versione ridotta di quello della cappella della concezione nella chiesa dell'Annunziata a Cortemaggiore, che erompe nell'architettura di un deformato ottagono, aperto sul cielo da cui scende, come un vortice, il gruppo con il Padre Eterno fra gli angeli. Una memoria lontana, ma non equivoca, della Camera degli sposi di Mantegna a Mantova.

Nessun dubbio che la ripresa quasi archeologica di Mantegna, ammodernata a Cortemaggiore e a Piacenza, sia stata accompagnata da un necessario confronto con Giulio Romano in Palazzo Te. Ma certamente Pordenone fu anche a Roma e vide dal vero, in tempo reale, gli affreschi di Michelangelo e Raffaello. Questa esperienza diretta, frontale, dovette convincere il Vasari che, del Pordenone, scrive: «è nel vero che di fierezza, di pratica, di vivacità e di terribilità, non ho mai visto meglio delle cose da lui dipinte, né fu mai chi nel muro con tanta prestezza lavorasse». Ma, a salire, su sottarchi e lesene, si incrociano anche Correggio, e il vicino Lorenzo Lotto, a Trescore...

La pittura si ammorbidisce entro il disegno, una sintesi colta da un altro grande storico, Marco Boschini: «Ecellente pitor, come savemo, pitor sì generoso, e così pronto, che ha fatto a fresco ecessi de stupori: e in carne e in vita a baratà colori, che al dasseno formal giusto l'è zonto». La morbidezza delle carni è sorprendente, luminosa, nei fregi alla base dei pennacchi, dove soltanto dall'alto si scoprono nudi femminili di spirito grottesco e di ispirazione mitologica. Il Pordenone bara, rimedita al mondo antico e ai temi classici: bacchi sereni ed ebbri, ratto di Europa, Nettuno e Anfitrite, Venere e Adone, Diana e le ninfe, Giove e i giganti, le fatiche di Ercole. Puttini dai volti dolcissimi, con una pittura veloce, in una danza sfrenata fra tartarughe e delfini in un anello intorno al Padre Eterno, eco evidente di Correggio nella camera di San Paolo a Parma, e di Parmigianino nella rocca di Fontanellato.

Il perimetro di curiosità ed influenze del Pordenone si rivela a Piacenza in una festa della pittura. Decine di bambini danzano, ovunque, con gli effetti plastici, il divertimento e l'ironia annunciati dai due curiosi e perplessi angioletti della Madonna di San Sisto di Raffaello a Piacenza. A quelli allude, e con quelli gioca il Pordenone. Lo dice il Carasi: «riuscì esatto nel disegno, vago nel colorito, e seppe dare alle sue figure una certa pastosa rotondità, e rilievo, per cui appariscono staccate dal campo in cui sono dipinte». Ecco: oggi li vediamo da vicino, escono dal muro e tornano nella vita.

Come è solo dei pittori veri.

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