Economia

E Singer spedisce l'ultimatum sulla rete

Il fondo vuole subito scorporo e quotazione in Piazza Affari

E Singer spedisce l'ultimatum sulla rete

Da una parte l'ad di Tim, Amos Genish, scortato dal direttore finanziario Piergiorgio Peluso. Dall'altra Giorgio Furlani, portfolio manager del fondo Elliott che dal suo ufficio nella City sta seguendo la partita per conto del gran capo Paul Singer. A dividere le parti nel faccia a faccia di venerdì scorso, tappa londinese del roadshow di Telecom Italia, le richieste del fondo americano che ha già puntato sul tavolo una fiche da 800 milioni per rastrellare quasi il 5% delle ordinarie e il 3% delle risparmio del gruppo di tlc controllato da Vivendi. Elliott ha chiesto lo scorporo della rete, ma non con i tempi lunghi che ha in mente Genish. Quindi, subito scissione proporzionale in due società, Telecom e la rete appunto, che così diventata automaticamente quotata in Borsa e con lo stesso azionariato. Poi, come secondo passaggio, la conversione delle azioni di risparmio stoppata con l'astensione di Vivendi due anni fa.

I toni usati nell'incontro sarebbero stati molto perentori, quasi da ultimatum, minacciando una chiamata alle armi di altri fondi (come Blackrock e Norges Bank che insieme hanno circa l'8% di Telecom) se le richieste non verranno soddisfatte. La battaglia per il controllo tra Vivendi e il fondo Elliott si potrebbe, dunque, consumare a colpi di voti in assemblea fissata per il 24 aprile. Per la sfida sul fronte delle deleghe scenderanno in campo i proxy advisor di Georgeson, schierati con Elliott, e quelli di Sodali al fianco di Vivendi. Per ora non è chiaro quante azioni abbia in mano il fondo di Singer, che nei giorni scorsi si è limitato a indicare che si atterrà alle comunicazioni previste dalla legge, ossia farà sapere alla Consob il numero esatto di titoli che detiene in portafoglio una volta superata la soglia del 5% (ha quattro giorni di Borsa aperta per comunicare il superamento delle soglie rilevanti, quindi fino al prossimo giovedì sera). Non è noto, allo stesso tempo, fin dove Elliott - che ha escluso di voler prendere il controllo di Tim - voglia spingersi, magari ricorrendo a derivati. C'è chi parla del 10%, posizione che ai corsi attuali equivarrebbe a un impegno di 1,1-1,2 miliardi, al netto dei 100-150 milioni per il 3% delle risparmio.

Se, come ha indicato, vorrà cambiare la gestione del gruppo introducendo in cda dei propri rappresentanti, Elliott deve richiedere entro il 20 marzo un'integrazione dell'ordine del giorno dell'assise con i soci che oggi prevede l'approvazione del bilancio, della relazione sulla remunerazione, del piano di incentivazione al management, il conferimento dell'incarico di revisione per il periodo 2019-2027 e la nomina del collegio sindacale. Inoltre per presentare una lista di candidati per il board ha tempo fino al 25 marzo. Vivendi potrebbe dal canto suo giocare d'anticipo (ha tempo fino a metà aprile) facendo decadere il board con le dimissioni di 8 dei suoi consiglieri. In questo caso, però, servirà una nuova assemblea per rinominare l'intero cda. Di certo, Vivendi ha in carico le azioni Telecom a 1,07 euro mentre ieri hanno chiuso a 0,82 euro. I francesi capitanati da Vincent Bollorè hanno investito quasi 3,9 miliardi per una quota (oggi al 23,9%) che a dicembre valeva poco più di 2,6 miliardi. Perdere i diritti di governance sotto l'assalto del fondo hedge di Singer significherebbe dover svalutare il pacchetto.

Perdendo un terzo dell'investimento.

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