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I sei numeri che ci fanno felici

Soldi, salute, sicurezza: il 2017 è stato l'anno migliore della storia. Parola dei "neo-illuministi"

I sei numeri che ci fanno felici

La vita è meravigliosa. O forse meglio, non è mai stata così meravigliosa. Frank Capra in questo caso non c'entra nulla, a sostenere la tesi, e a farne una specie di movimento d'opinione, è un professore di psicologia dell'Università di Harvard, Steven Pinker, 63 anni e una lunga capigliatura di riccioli bianchi. Detto in due parole il suo pensiero è semplice: filosofi, intellettuali, giornalisti si sono specializzati nella parte degli uccelli di malaugurio, ma il 2017, basta guardare cifre e statistiche, è stato l'anno migliore della storia del mondo; l'uomo non è mai stato così sano, colto, ricco, al riparo dalla violenza della natura o di quella esercitata da altri uomini.

LE TAPPE DEL SUCCESSO

Il primo ammiratore del professor Pinker è Bill Gates e la notorietà del genio del business prestato alla filantropia è riuscita a riverberarsi sulla carriera dello psicologo di Harvard. Qualche tempo fa Gates scoprì un suo vecchio testo, pubblicato in Italia con il titolo «Il Declino della violenza». Bastò una recensione entusiastica sul blog del fondatore di Microsoft e in un attimo, a sei anni dall' uscita, «Il declino della violenza», è balzato al primo posto della classifica di Amazon dei libri più venduti. Per l'ultima opera di Pinker, che in italiano suona come «L'illuminismo ora: a favore di ragione, scienza, umanesimo e progresso», è successa la stessa cosa: Gates l'ha letta in anticipo e ne ha scritto benissimo («il miglior libro che io abbia mai letto») sul suo blog. Il risultato è stato che per sfruttare l'onda mediatica la casa editrice americana ha dovuto anticipare in fretta e furia l'uscita del volume, mentre lo stesso Pinker è stato invitato con tutti gli onori a presentare il libro al Forum economico mondiale di Davos. A contribuire alla nascita del caso è stata poi l'attenzione dei giornali: gli editorialisti del New York Times si sono accapigliati pro o contro il volume; in Germania settimanali e quotidiani hanno ospitato dotte recensioni o pensose interviste in occasione della traduzione tedesca, mentre in Italia il primo a parlarne è stato il direttore del Foglio Claudio Cerasa, che lo ha presentato come un «libro formidabile» e «uno straordinario manifesto dell'ottimismo».

Per sostenere questo ottimismo Pinker ha scritto la bellezza di 550 pagine ricche di grafici e statistiche su ogni, o quasi, aspetto della vita sociale, in difesa e a sostegno dei frutti realizzati della razionalità illuminista, delle società aperte, dell'umanesimo e del liberalismo classico. Sono questi, dice Pinker, i concetti che fondano la nostra civiltà. Il problema, però, è che «l'Occidente è timido sui suoi valori. Non ne parla volentieri, sembra che questi finiscano per metterlo a disagio», scrive citando uno studioso di islam radicale. «Tutto il contrario di movimenti come l'Isis, che sanno bene per che cosa si battono».

IL PESO DELLE STATISTICHE

Sui risultati della rivoluzione illuminista i numeri lasciano poco spazio ai dubbi (vedi anche il grafico pubblicato nella parte alta della pagina): l'aspettativa di vita nel mondo è passata da 29 a oltre 71 anni in poco più di un secolo; l'83% degli abitanti del mondo sa leggere e scrivere (erano meno del 29% all'inizio del Novecento). Quanto ai progressi in tema di salute Pinker racconta la storia di Nathan Meyer Rothschild: nel 1836 era considerato l'uomo più ricco del mondo, ma questo non bastò per salvarlo dalle sofferenze e dalla morte per un semplice ascesso che fece infezione. Oggi non solo gli ascessi non sono più mortali ma molte tra le peggiori piaghe dell'umanità sono state per sempre estirpate (un unico esempio: il vaiolo, il cui ultimo caso fu registrato in Somalia nel 1977). A migliorare sono state anche parametri che non ci si aspetterebbe: il risultato dei test che migliorano il quoziente intellettuale è migliorato in ogni parte del mondo del 30% tra il 1915 e il 2015. «L'uomo medio di inizio Novecento», scrive Pinker, «sarebbe considerato oggi al limite del ritardo mentale». Del fenomeno (conosciuto anche come effetto Flynn, dal nome dello studioso che lo individuò per primo negli anni Ottanta del secolo scorso) non si conoscono nemmeno le cause, anche se si pensa che c'entrino le migliori condizioni di vita generale. Ma una sua conferma è arrivata di recente con un mega-studio internazionale che ha coinvolto 31 Paesi e oltre 4 milioni di persone.

TRAPPOLE MENTALI

Sui numeri del cammino umano verso il progresso si potrebbe continuare a lungo. Ma lo stesso Pinker si fa una domanda: se la situazione è migliorata a questo punto, perchè abbiamo la tendenza a vedere così nero tutto ciò che ci circonda? Per rispondere il professore di Harvard ricorre alle ricerche di un altro studioso, Daniel Kahneman (premio Nobel e autore di «Pensieri lenti e veloci»). Kahneman parla di «dominanza della negatività», a proposito della tendenza umana a valorizzare gli aspetti meno positivi dell'esistenza (una perdita in Borsa fa soffrire molto di più di quanto faccia gioire una vincita corrispondente). Ma a giocare un ruolo decisivo è un fattore dal nome complicatissimo: l'euristica della disponibilità. Di che cosa si tratta? In realtà è un meccanismo che funziona in modo semplice: ognuno di noi ha la tendenza a valutare la probabilità di un evento non in base alla sua reale ricorrenza oggettiva, ma all'impatto emotivo che quell'evento ha su di noi.

IL PESO DEI GIORNALI

Se ci si trova in coda a un casello autostradale si ha sempre la sensazione di essere condannati allo stesso destino: la fila più lenta. In realtà non è così, ma la nostra memoria seleziona i casi in cui ci siamo arrabbiati perchè è accaduto davvero, cancellando gli altri, quelli in cui è andato tutto liscio. Allo stesso modo un incidente aereo causa emozioni profonde, molto più di tanti piccoli incidenti stradali. Ed è questa la ragione per cui tendiamo a sovrastimare i rischi dei viaggi aerei rispetto a quelli stradali. A questo si aggiunge la natura stessa dei media: «Le notizie parlano di ciò che succede, non di ciò che non succede», spiega Pinker. Le cose cattive succedono alla svelta, quelle buone ci mettono tempo, tanto da non farsi percepire. Un vecchio adagio diceva che fa più notizia un albero che cade di una foresta che cresce.

Non tenerne conto rischia di distorcere la nostra visione del mondo.

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