Controcultura

Franca Leosini e le storie "warholiane"

Franca Leosini è un autentico fenomeno di culto televisivo e mediatico che coinvolge diverse generazioni e fasce sociali, giovani e adulti, persone colte e pubblico generalista

Franca Leosini e le storie "warholiane"

Franca Leosini è un autentico fenomeno di culto televisivo e mediatico che coinvolge diverse generazioni e fasce sociali, giovani e adulti, persone colte e pubblico generalista. La signora di Napoli, le cui meches e il tailleur sembrano usciti dagli anni '80, impazza anche su twitter, con frasi a effetto fondate sul particolare uso del linguaggio, continui andirivieni tra alto e basso, aulico e triviale, citazioni e saggezza popolare, una sintassi impeccabile che si inorridisce giustamente (mala tempora currunt) di fronte a un congiuntivo sbagliato, la capacità di disegnare personaggi e situazioni attraverso le parole e gli sguardi.

Le due nuove puntate di Storie maledette, prima serata di domenica su Raitre (stasera la seconda), tornano sul caso Avetrana, la morte della «piccola Sarah» (così la chiama insistentemente) e la condanna all'ergastolo di Sabrina Misseri e della madre Concetta. Un atroce delitto tutto al femminile. Leosini entra nel carcere di Taranto per una lunga intervista con la cugina della ragazza, più altri inserti dove fa parlare la madre. Un testa a testa che evita qualsiasi effetto da tv spettacolo. La camera insiste sul campo-controcampo, soffermandosi sui dettagli del volto dell'accusata in modo da coglierne le sfumature psicologiche e registrarne i minimi stati d'animo, poiché il linguaggio del corpo talora dice più delle parole stesse.

Una televisione «warholiana», quella di Leosini, in cui il tempo della realtà corrisponde al tempo dello spettacolo, senza tagli e limitando il lavoro di postproduzione. Alle spalle c'è un lungo lavoro di preparazione sulle indagini, sugli atti processuali, con uno spirito di osservazione lenticolare, lasciando ad altri il compito di scegliere, senza esprimere giudizi personali sulle vicende perché un intervistatore non è un inquirente. Si fa invece impietosa sul contesto sociale in cui l'atto criminale è maturato: lo squallore di certa vita in provincia, la scarsa ambizione personale, la rinuncia al miglioramento di sé, il ripetersi di gesti ordinari, sempre gli stessi, tra un centro estetico, la gita al mare, il pub la sera, i discorsi sempre e solo riguardanti la sfera privata che sfociano inevitabilmente nei pettegolezzi e nell'invidia.

Donne, si diceva, eppure Franca Leosini non applica lo stucchevole criterio della solidarietà femminile, imputando piuttosto alla mancanza di dignità e al poco rispetto di sé la tragedia di figure sempre e comunque sottomesse agli uomini, a partire da quell'Ivano Russo «a confronto del quale, in questa storia, Brad Pitt sembra un bipede sgualcito».

Un ritorno tanto atteso quanto clamoroso, quello delle sue Storie maledette, un programma entrato nella storia della televisione.

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