Politica

Scandalo degli account violati Facebook precipita in Borsa

Il social network perde il 7% a Wall Street per le inchieste aperte in Usa e Gb. Spiati e utilizzati i dati degli utenti

Cinzia Meoni

Facebook crolla in Borsa e scende ai minimi dal settembre del 2012. Il social network ha perso ieri a Wall Street il 7 per cento, sfiorando a un certo punto l'8. Colpa del fatto che l'azienda di Mark Zuckerberg è stato chiamato dalle autorità americane e britanniche a rispondere dell'utilizzo illecito di dati raccolti attraverso Facebook da Cambridge Analityca, società specializzata nell'analisi dei dati web. Il voto sulla Brexit e l'elezione di Donald Trump potrebbero essere stati infatti guidati proprio dall'utilizzo di questi dati. Quanto all'Europa, Vera Jourova, commissaria europea per la Giustizia, ha commentato via Twitter: «Se confermato, è orripilante». L'attenzione è alle stelle. «Nessuno può più pretendere che Facebook sia solo un gioco indolore», titola il quotidiano The Guardian che, insieme al New York Times, ha ricostruito le fila di questa spy-story che, grazie a una tempestiva soffiata di Christopher Wylie, ex dipendente di Cambridge Analityca, unisce le due sponde dell'Atlantico e potrebbe perfino arrivare fino in Russia.

Ed è solo l'inizio. Con lo scoppio dello scandalo social, è stato scoperchiato il vaso di Pandora: è ormai evidente che l'universo digitale è un Far West privo controlli dove le superstar del web fanno soldi rivendendo i profili personali degli utenti ai «burattinai», chiunque essi siano, e influenzando il mondo reale. Il solo Facebook d'altro canto conta su oltre due miliardi di iscritti (quaranta volte la popolazione italiana) e, se si considerano i pianeti satelliti, come WhatsApp, Messenger e Instagram, si superano i 5,1 miliardi. Ecco quindi che da più parti si invoca una stretta normativa che limiti l'uso distorto di simili mezzi.

Secondo la ricostruzione della stampa anglosassone, oltre 50 milioni di persone sono state spiate a loro insaputa attraverso una applicazione per Facebook, «thisisyourdigitallife» («questa è la tua vita digitale») elaborata da Aleksandr Kogan in collaborazione con Cambridge Analytica. All'applicazione, a cui si accedeva tramite il login a Facebook, avevano aderito 270mila utenti con la promessa di rivelazioni sulla personalità basate sulla vita digitale. La raccolta e l'analisi dei dati tuttavia si era estesa anche alla rete degli inconsapevoli amici «social» degli iscritti, un'attività all'epoca consentita da Facebook. In questo modo, grazie a «thisisyourdigitallife», la stampa anglosassone ha calcolato che sia stato creato un archivio con i profili dettagliati di oltre 50 milioni di soggetti i cui commenti, reazioni, foto e scritti sono stati tracciati, studiati ed elaborati attraverso i leggendari algoritmi per essere «pronti all'uso» in qualunque campagna marketing.

I dati così raccolti, nonostante le regole di Facebook vietino ai gestori di applicazioni l'utilizzo a fini pubblicitari, sarebbero stati usati a sostegno della Brexit e dell'elezione di Trump. È questa l'accusa che pende sul social network, i cui controlli sarebbero stati violati senza ripercussioni. Il gruppo fondato da Mark Zuckerberg sarebbe infatti stato messo a conoscenza da tempo dell'utilizzo illecito dei dati, senza tuttavia informare gli utenti.

In questo scenario, per di più, il procuratore speciale Robert Mueller che indaga sulle presunte interferenze della Russia nelle elezioni statunitensi e sull'eventuale coinvolgimento di Trump ha chiesto che Cambridge Analytica fornisca ogni documentazione.

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