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In Ducati sorride anche Claudio: stesso cognome, stessa voglia di vincere

Valerio Boni

Ma all'interno del Gruppo Audi c'è anche un altro Domenicali che oggi sorride: è Claudio, ad di Ducati. I motivi per essere di buon umore non mancano, e il primo è freschissimo, una meritatissima vittoria di Andrea Dovizioso in Qatar, il miglior modo per iniziare la lunga stagione MotoGp. Un risultato sportivo incoraggiante, che chiude una settimana da incorniciare, iniziata con la pubblicazione dei dati finanziari relativi al 2017. Ducati ha concluso l'ottava stagione in costante crescita, con 55.871 moto immatricolate e un fatturato che ha raggiunto quota 736 milioni, +30% rispetto a 5 anni fa. Con questi numeri il buonumore è più che giustificato, soprattutto se si considera che le vendite nei cinque continenti sono cresciute di quasi un punto percentuale, mentre il segmento delle moto di oltre 500 cc, ha subito una contrazione del 3,5%.

Bolognese, classe 1965, Claudio Domenicali si è conquistato sul campo i gradi di comandante di una tra le poche aziende che riescono a impensierire la concorrenza giapponese, in pista come sul mercato. Gli studenti di ingegneria della Motor Valley hanno solo l'imbarazzo di scegliere su quale delle grandi aziende concentrarsi per discutere la tesi, e Domenicali aveva puntato senza esitazioni sulla Casa di Borgo Panigale, che agli inizi degli anni '90 vendeva poco più di 2.000 veicoli l'anno.

Da project leader nel 1991, è stato promosso a vicedirettore tecnico dopo 6 anni, per poi diventare nel 1999 ad del neonato Reparto corse e, nel 2005, responsabile del Reparto ricerca e sviluppo. L'incarico di ceo di Ducati Motor è arrivato nel 2013, pochi mesi dopo l'acquisizione da parte di Audi, che a lungo si era confrontata con Mercedes, a sua volta interessata alle «rosse» bolognesi.

Il ruolo di manager si combina con quello di tecnico capace, autore di alcune tra le scelte che negli ultimi anni hanno permesso a Ducati di cambiare marcia, come il lancio del progetto Scrambler ispirato al modello più iconico dell'azienda a cavallo tra gli anni '60 e '70, o più di recente la decisione di proporre un motore a 4 cilindri da affiancare ai classici bicilindrici.

Ora la gamma è più che completa, con modelli in grado di rispondere a ogni tipo di attacco, partendo da una delle moto che ha inaugurato un'epoca e una moda che non si è ancora conclusa dopo 25 anni: il (Ducati esige l'articolo maschile) Monster.

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