Cultura e Spettacoli

La verità di Spielberg:"Ormai solo la privacy garantisce la libertà"

Il regista, premiato a Roma con il David alla carriera, parla di "Ready Player One", il film su un mondo "senza pubblicità"

La verità di Spielberg:"Ormai solo la privacy garantisce la libertà"

Il mondo reale si intreccia con quello virtuale. È così ogni giorno per tutti noi. Per non parlare dei cosiddetti «millennials», nativi digitali. Ma l'approfondimento sull'argomento, messo in pratica sul grande schermo da Steven Spielberg nel suo ultimo capolavoro Ready Player One, non ha nulla di moralistico. Perché non è mai il «medium» il problema ma è il come viene utilizzato. Prendete ad esempio Oasis, l'universo virtuale immaginato nell'omonimo best seller di Ernest Cline (DeA Planeta) da cui Spielberg ha tratto il film che esce il 28 marzo in 500 schermi. Wade Watts, il protagonista interpretato da Tye Sheridan, siamo nel 2045, entra in questo immenso videogioco con l'avatar di nome Parzival per fuggire dalla squallida realtà: è il futuro dispotico caro alla fantascienza contemporanea. Oasis è un mondo puro nato dalla mente dell'eccentrico James Halliday (Mark Rylance) che - ci rivela Steven Spielberg a Roma nel giorno in cui ha ricevuto il premio David di Donatello alla carriera - «è proprio il personaggio con cui mi identifico, come mi succede in ogni film. Lui ha creato una specie di universo puro dove non c'è pubblicità, non ci sono punti di acquisto, puoi imparare, conoscere amici, studiare». Però, c'è sempre un però, e ha il volto del «villain» del film, Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn) che guida la potente Ioi: «La multinazionale cattiva che cerca di acquisire il controllo di Oasis, Sorrento lo vuole inzeppare con i cookies della pubblicità e sfruttare la privacy di ogni giocatore». Nelle parole di Spielberg sembrano echeggiare timori molto contemporanei come il recente scandalo che ha colpito Facebook su cui però svicola anche se, alla fine, gli sfugge una verità lapidaria: «Tutti desiderano la privacy perché è l'ultimo bastione sacro della libertà».
In Ready Player One, che prende il titolo dalla tipica schermata dei primi videogiochi (ma il film è tutto un omaggio ai rivoluzionari anni '80, ce n'è anche uno meraviglioso a Kubrick - «siamo stati amici per vent'anni» - che sarebbe un peccato mortale svelarvi), i personaggi sono alla ricerca di alcuni segreti che il fondatore del mondo di Oasis ha nascosto alla sua morte. Chi li scoprirà diventerà il proprietario. «Il film - spiega il regista - è pieno di intrattenimento ma contiene anche elementi politici come se fosse una fiaba di ammonimento. Dobbiamo cercare di renderci conto che i problemi reali vanno affrontati nella realtà. Mi colpisce vedere i giovani, io ho 7 figli e 4 nipoti, che invece di guardarsi in faccia si parlano attraverso i dispositivi a cinque centimetri di distanza. Io sono nato alla fine del 1946 BTv, che sta per Before Tv (prima della tv). Da piccolo ascoltavo la radio ma la grande fuga dalla realtà per me erano i libri». Da queste premesse si capisce bene come il romanzo di Ernest Cline abbia trovato in Spielberg, curiosamente citato in continuazione come fonte di ispirazione dallo scrittore, un lettore molto attento: «Era dai tempi di Jurassik Park di Crichton che un libro non mi piaceva tanto. L'autore è un visionario che ha descritto un futuro non così distante dalla direzione che stiamo prendendo con la realtà virtuale».
E, proprio come nel 1993, l'anno che vide l'uscita di due film di Spielberg apparentemente distanti come appunto Jurassik Park e Schindler's List, anche il 2018 vede la nascita di un dittico curioso come il recentissimo The Post e ora Ready Player One: «Sì in effetti anche io metto insieme due mondi, The Post è quello analogico e reale mentre questo qui è quello virtuale e digitale».


Intanto è già al lavoro su The Kidnapping of Edgardo Mortara in cui ci sarà il suo attore ormai feticcio, Mark Rylance, nel ruolo di Pio IX, il Papa a capo dello Stato Pontificio a metà Ottocento quando esplose il caso del bambino sottratto alla famiglia di origine ebraica per essere educato a Roma come cattolico: «Verrà girato probabilmente qui, ho tutto il cast pronto ma mi manca proprio il bambino che deve avere 6 o 7 anni e le spalle solide perché su di lui si poggia tutto il film».

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