Cultura e Spettacoli

C'è una mostra di sinistra che fa diventare... fascisti

Nel Ventennio ci fu una esplosione creativa testimoniata da "Post Zang Tumb Tuum"

C'è una mostra di sinistra che fa diventare... fascisti

Mentre la sinistra impostava la sua grottesca campagna elettorale sull'antifascismo, alla Fondazione Prada di Milano si inaugurava una mostra che si può considerare un involontario ma sostanziale «sdoganamento» di alcuni aspetti del fascismo. Post Zang Tumb Tuuum. Art, Life, Politics. Italia 1918-1943 (fino al 25 giugno) si ripropone di fare il punto dell'arte italiana sotto il Regime. Lo fa senza i paraocchi dell'ideologia ma con accuratezza storica. Effetto collaterale: dopo una sfilata di capolavori da rimanere senza parole, anche il comunista più acceso rischia di sfilarsi la camicia rossa per indossare quella nera. Si invertirebbe così la storia che vide aderire al comunismo tonnellate di artisti cresciuti senza problemi sotto il fascismo. Scherzi a parte, non è che l'esposizione curata da Germano Celant sia una roba da carbonari. Al contrario, ha avuto una copertura mediatica eccellente, a partire proprio dalla bellissima recensione di Luca Beatrice sul Giornale. Nessun antifascista militante si è scandalizzato: niente pensosi editoriali, niente marce (su Prada), niente slogan, niente appelli, niente manifestazioni, niente scritte sui muri, niente idranti scagliati contro le forze dell'ordine. Eppure i media di sinistra ci avevano assicurato che l'onda nera stava per sommergere il Paese e dunque l'attenzione doveva essere massima. Invece, mentre i movimenti di estrema destra convincevano pochi elettori, alla Fondazione Prada si preparava il colpo di mano nell'indifferenza della sinistra. Non c'è stata reazione. Come mai? Forse gli antifascisti militanti non leggono i quotidiani e non frequentano mostre, nonostante si presentino spesso come intellettuali? È una ipotesi sensata ma pare più probabile che, per l'antifascista militante, non conti cosa si dice ma chi la dice.

E cosa ci dice l'esposizione? Ci dice che nel Ventennio è esistita una cultura che sarebbe limitativo definire «di regime» o semplicemente «di propaganda» (perfino quando lo è). Il regime piuttosto ha saputo valorizzare un fermento che iniziò nel 1909 con il Futurismo. Strumenti privilegiati di Mussolini per comunicare i valori del regime furono soprattutto l'architettura, l'affresco, la decorazione murale e l'organizzazione di grandi mostre, ricostruite in modo spettacolare nell'esposizione milanese affinché sia possibile immaginare come e dove gli autori collocarono le proprie opere. È questo uno dei tratti originali e vincenti di Post Zang Tumb Tuuum.

Entriamo dunque insieme alla mostra: Boccioni, Carrà, Casorati, de Chirico, Martini Morandi, Balla, Sironi... La ricchezza di pittura e scultura è eccezionale. Ma colpiscono anche il design, i progetti di urbanistica e il rendering di singoli palazzi, ad esempio le scuole elementari. Dopo questa infilata di capolavori, è proposta una ampia scelta dei libri scritti nel periodo in esame. È un'altra orgia di capolavori, da Curzio Malaparte a Eugenio Montale, Umberto Saba, Giuseppe Ungaretti, Alberto Moravia e molti altri. Si resta a bocca aperta.

Una volta constatato come stavano le cose risulta davvero difficile ridurre il Ventennio ai suoi aspetti certamente deleteri, dalla suicida alleanza con Hitler alle ripugnanti leggi razziali.

Abbiamo visto cosa dice la mostra. Ora veniamo a chi lo dice, cioè a chi ha il merito di aver organizzato Post Zang Tumb Tuuum. Il curatore è Germano Celant, ricco inventore dell'Arte povera, uomo di sinistra tendenza un tempo barricadera e oggi radical chic. In sintonia con l'anima della Fondazione Prada. Quindi tutto bene. Ma se questa mostra l'avesse fatta un curatore di destra sarebbe venuto giù il mondo e avremmo assistito alla solita levata di scudi contro il ritorno del fascismo. Che torna, ma solo come oggetto di studio come in Post Zang Tumb Tuuum.

La doppia morale svela la cattiva fede e l'ignoranza degli antifascisti militanti, quelli convinti che sia sufficiente opporsi al fascismo per far parte della famiglia democratica e liberale. No, non basta.

Bisogna essere anche anticomunisti. Reso merito alla Fondazione e al curatore resta un dubbio atroce: a destra qualcuno ha la l'autorevolezza intellettuale e soprattutto la forza economica per fare una mostra come questa?

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