Cultura e Spettacoli

Perdersi (e ritrovarsi) a New York con Rosenblatt

Perdersi (e ritrovarsi) a New York con Rosenblatt

Si dice, a ragione, che per conoscere una città non è sufficiente visitarla una volta. Se poi quella città è New York non te ne bastano dieci. Arrivato alla Grande Mela da turista prepari il tuo piano d'azione. Vuoi visitare qualche museo come puoi non andare al Metropolitan? Sì, ma poco distante c'è anche il Guggenheim, e più su la Frick Collection (dove puoi vedere il Rembrandt più bello del mondo, il suo autoritratto da vecchio). Uscendo dai musei, camminare nella folla soffocante e frenetica fino a Times Square e farsi fulminare e stordire dalle sue luci, e poi scendere giù fino a Wall Street, e sentirsi niente sotto quei palazzoni della finanza; poi scoprirsi commossi nel luogo in cui vennero attaccate le Torri Gemelle e, alzando la testa, guardare un aereo di linea che si specchia sui vetri di un grattacielo e pensare che fu così che andò, che nessuno fece caso a uno dei tanti aeroplani, fino a che non sentirono il grande boato.

Una città, per conoscerla, bisogna viverla, e per viverla bisogna percorrerla anche nei suoi vicoli ciechi, respirarne gli odori e la puzza. Roger Rosenblatt, firma del Time e di molte altre testate, quasi fosse un Baudelaire contemporaneo ha ripercorso come un investigatore le strade di New York in Il ragazzo detective (Nutrimenti, pagg. 196, euro 17), con una forma di scrittura, il personal essay, che in Italia (dove gli scrittori sono troppo impegnati a montare la trama dei loro romanzetti) non riesce ancora a trovare uno spazio definito, ma che negli Stati Uniti è un genere che ha già da molto tempo una sua canonizzazione. Doveste andare, o tornare, a New York, portatevi questo libro, perdetevi insieme a Rosenblatt, che camminando sprofonda tra i ricordi della sua infanzia. Non soltanto ci svela il luogo dove visse in miseria Melville nonostante avesse già pubblicato Moby Dick, o quello in cui abitarono Henry James o la Wharton, ma ci fa comprendere come questa città sia di tutti e di nessuno. Eppure tutti «sono notati a New York», e lo capisci da come camminano i suoi abitanti: «Ogni cittadino è un proprietario terriero di origine olandese che ispeziona la sua proprietà».

Leggendo questo libro, New York non ci sembra di visitarla, ma di abitarla e, come tutti, un po' possederla.

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