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Calenda: Pd al governo per fare le riforme Ma i dem non ci sentono

Il ministro vuole un esecutivo di transizione Furiosi i renziani: dà un alibi a Lega e M5s

Calenda: Pd al governo per fare le riforme Ma i dem non ci sentono

M entre i presunti «vincitori» grillin-leghisti si dibattono confusamente nelle nebbie etiliche post-Vinitaly, il Pd riesce comunque a dar loro una mano, litigando al proprio interno.

L'oggetto del litigio è tutt'altro che chiaro, anche se il leit motiv della divisione resta sempre lo stesso: al governo sì, al governo no, al governo forse. Il la lo dà il ministro Carlo Calenda, che in un'intervista a Repubblica lancia una nuova formula: «governo di transizione appoggiato da tutti», e corredato da una «bicamerale per le riforme». Ipotesi non nuovissima, diciamo, e neppure fortunatissima. Perché poi Salvini o Di Maio possano dare l'assenso ad un simile esecutivo di unità nazionale non è chiaro, ma comunque l'idea lanciata da Calenda è il pretesto per invitare il Pd a diventare parte attiva della crisi e a «mettere sul tavolo» una proposta per uscirne.

L'uscita del ministro ha irritato il fronte renziano che, al di là del merito, giudica ne sbagliati soprattutto i tempi: «È davvero poco furbo - lamenta un dirigente Pd - che, mentre l'arroganza e l'inconcludenza di Salvini e Di Maio vengono alla luce giorno dopo giorno, noi ci mettiamo a gettare in pista formule confuse, assumendoci responsabilità che al momento non ci spettano, e finendo per dar loro un alibi».

In mattinata sono molti a prendere le distanze da Calenda: «La sua è una tesi curiosa. Lo stallo è creato dall'atteggiamento delle forze che hanno vinto le elezioni, che sta facendo prevalere egoismi di partito e personalismi. A Calenda vengono meglio i tweet che le interviste», dice secco Matteo Orfini. «Una fuga in avanti che non mi convince», ribadisce Dario Parrini. E in assenza di Matteo Renzi, che secondo l'Ansa ieri si trovava in Qatar per partecipare, su invito dell'Emiro di Doha, all'inaugurazione della National Library, tocca al suo braccio destro Luca Lotti riassestare il timone, mentre sui siti e in tv già circolano titoli eccitati sullo «scongelamento» del Pd, pronto a dare una mano a - non si sa quale - governo. «Il compito di formare un governo, se ci riescono, spetta a Lega e Cinque Stelle». Che peraltro si affrettano anche loro a bocciare l'idea di Calenda.

Lotti assicura anche che il suo pranzo con Fedele Confalonieri della settimana scorsa «non ha nulla a che vedere con gli argomenti politici di oggi». A quel desco, insomma, non si è discusso di un'intesa Fi-Pd per governi del presidente o simili.

Lo «scongelamento» però viene auspicato da altre voci interne al Pd. Piero Fassino assicura che i dem si «confronteranno» con chiunque il Quirinale voglia incaricare, e sottolinea: «Il paese ha bisogno di un governo e i cittadini se lo attendono. È responsabilità di tutte le forze politiche uscire da questo stallo. Noi siamo disposti a farlo, però nella chiarezza».

Ma Ettore Rosato taglia corto: «Siamo alternativi a M5s e Lega.

Dialogheremo con l'incaricato, e sicuramente non ci tireremo indietro: l'opposizione è garanzia di democrazia», precisa.

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