Cronache

Favelas sull'Aniene, dopo la bonifica da 100mila euro restano gli accampamenti

Ancora degrado e roghi tossici nel Parco delle Valli. Venerdì il blitz della Polizia Locale per bonificare gli insediamenti lungo l'Aniene. Ma i nomadi sono già tornati nelle baracche e decine di accampamenti restano ancora in piedi

Favelas sull'Aniene, dopo la bonifica da 100mila euro restano gli accampamenti

“Non c’è soluzione, ormai siamo avviliti, segnaliamo di continuo ai vigili urbani la presenza degli accampamenti, ma anche dopo gli sgomberi la situazione torna come prima”. All’indomani del blitz della Polizia Locale in una delle tante favelas disseminate nel Parco delle Valli, a sfogarsi è una residente del quartiere Africano.

L’intervento è scattato dopo l’ennesima denuncia dei cittadini per il degrado e i roghi tossici. Gli agenti hanno rimosso 25 baracche e portato via 50 metri cubi di masserizie e rifiuti, compresi materassi e lamiere. Ma gli ex occupanti, quasi tutti rom, sono determinati a restare. Sulla sponda che costeggia la Tangenziale Est le baracche sono ancora in piedi e a segnare l’accesso alla bidonville è un varco aperto in un canneto. Sembra di essere nella giungla e invece siamo a due passi dall’elegante quartiere Trieste e dai dorati Parioli. “Vivo qui da dieci anni con i miei parenti, siamo circa trenta persone, se ci cacciano dove andiamo?”, ci spiega il capofamiglia, mentre dietro di lui una ragazza poco più che ventenne è intenta a cucinare. Il crepitio del fuoco acceso è interrotto soltanto dallo squittio dei topi che si infilano tra gli arbusti. Qui tutti si aspettano da un momento all’altro un nuovo blitz dei caschi bianchi. Ma non sembrano preoccuparsi.

“È la terza volta che ci sgomberano, poi torniamo e costruiamo nuove baracche”, assicura sorridendo il responsabile dell’accampamento. “Qui nessuno ha un lavoro fisso, raccogliamo il ferro”, ci spiega mostrandoci una catasta di rottami e fili elettrici. Ma non è questa l’unica attività dei nomadi. Lungo gli argini del corso d’acqua il via vai delle cariole colme di spazzatura è continuo. Ogni sorta di rifiuti viene accumulata sulle sponde del fiume e smaltita chissà dove. Così il polmone verde del III Municipio si è trasformato in una fabbrica di veleni. Quelli che provengono dai roghi appiccati nei dintorni delle bidonville. L’ultimo incendio è divampato nel primo pomeriggio di venerdì scorso, dopo l’intervento dei vigili. Gli scheletri degli oggetti dati alle fiamme restano ammassati dove sorgeva uno degli insediamenti sgomberati e l’odore di plastica bruciata è ancora forte. “Abbiamo visto una colonna di fumo nero alzarsi dal parco e siamo rimasti scioccati, anche perché qui davanti c’è una scuola elementare e i bimbi erano ancora tutti dentro”, racconta una donna che incontriamo nella vicina area cani.

Secondo Il Messaggero le operazioni di bonifica sono costate “circa 100mila euro”. Ma per ora si tratterebbe di una pulizia soltanto parziale, visto che gli argini dell’affluente del Tevere sono ancora deturpati da cumuli di spazzatura. Sul sentiero che portava ad una delle baraccopoli smantellate ora c'è un post-it che mette in guardia i rom della possibilità di ulteriori sgomberi. Ma alcuni di loro ci confermano di aver ovviato al problema trasferendosi pochi metri più avanti. Ed in effetti, proseguendo lungo le rive del fiume ci imbattiamo in nuovi rifugi di fortuna. “Gli accampamenti si stanno moltiplicando a vista d’occhio anche a ridosso della Tangenziale Est, nel tratto che va dalla Stazione Tiburtina fino al Ponte delle Valli”, denuncia Giovanni Provenzano, responsabile di Fratelli d’Italia nel II Municipio. E la convivenza con gli abitanti del quartiere diventa sempre più difficile. Secondo i residenti scippi e furti in appartamento sarebbero aumentati sensibilmente negli ultimi mesi. “Potrebbe non risultare a livello statistico, perché spesso si tratta di piccoli furti che non vengono neppure denunciati, ma è un fenomeno in crescita in tutto il quadrante”, conferma l’esponente di FdI. I cittadini, già esasperati da degrado e roghi tossici, chiedono maggiore sicurezza.

Ma il timore è che, senza offrire una sistemazione alternativa ai nomadi, nel giro di poche settimane la situazione possa tornare esattamente com'era prima.

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