Economia

Intesa alza il prezzo dei crediti deteriorati E le banche brindano

Ceduti a Intrum 11 miliardi di sofferenze e cabina di regia comune. Scende lo spread

Intesa alza il prezzo dei crediti deteriorati  E le banche brindano

Camilla Conti

L'accordo siglato ieri con la svedese Intrum non fa bene solo a Intesa Sanpaolo, che si libera in un colpo solo di 11 miliardi di sofferenze sulle 26 da smaltire entro il 2021, ma a tutto il sistema. Le banche, infatti, hanno brindato in Borsa: Unicredit e Bper hanno guadagnato il 2,1%, Banco Bpm il 2,9% e la stessa Intesa ha chiuso con un +0,9 per cento. L'impatto è stato positivo anche sui titoli di Stato: lo spread tra Btp e Bund ha chiuso in ribasso a 125 punti base da 128 della chiusura di lunedì.

«Questa operazione stabilizza le condizioni di mercato delle sofferenze in Italia», ha sottolineato ieri l'ad Carlo Messina. Perché? Intrum ha acquistato 10,8 miliardi di euro di crediti deteriorati di Intesa con una valutazione di 3,1 miliardi pari al 28,7% sul valore di libro, in linea con i dati iscritti a bilancio e ben superiore a quella delle transazioni concluse finora. Unicredit, ad esempio, ha venduto i 17,7 miliardi sofferenze a un prezzo pari al 13% del nominale. L'accordo con Intrum riguarda due operazioni distinte. La prima si riferisce all'integrazione delle piattaforme italiane di Intesa - la Capital Light Bank - e il gruppo scandinavo che avrà il 51% della nuova società presieduta da Giovanni Gilli. La seconda è invece appunto la vendita dei crediti in sofferenza con una plusvalenza di circa 400 milioni dopo le imposte nel conto economico consolidato di Intesa. L'alleanza Intesa-Intrum apre la strada a operazioni simili. Ma per l'intero sistema del credito il nuovo benchmark fissato ieri da Ca' de Sass serve soprattutto a riequilibrare l'instabilità creata a novembre del 2015, quando il governo Renzi varò il decreto Salva-banche. Secondo molti osservatori è stato proprio quel provvedimento, concepito per mettere in sicurezza Etruria&C, a seminare l'instabilità in tutto il comparto. Da un lato Bankitalia ha scelto di valutare le sofferenze delle banche in esame al 17% del nominale (un valore poi alzato al 22% nei primi mesi del 2016), fissando neanche troppo implicitamente un livello molto severo per l'interno settore bancario; dall'altro lato le autorità europee hanno imposto tempi molto stretti per la cessione delle good bank, cioé i nuovi istituti ripuliti dai crediti deteriorati rendendo concreto il rischio di una svendita. Poi l'onere di far partire un mercato italiano dei crediti in sofferenza è stato caricato sulle spalle del fondo Atlante con l'obiettivo di offrire alle banche prezzi molto al di sopra della media di mercato (32-33% del nominale).

Come ha ricordato Messina, «l'Italia era nella tempesta perfetta, sono state fatte delle dismissioni tali da garantire il 20 o 30% di rendimento a fondi con approccio speculativo. Abbiamo invece reso specifico che le sofferenze non possono essere vendute a 10 ma a valori prossimi ai valori di carico». Al contrario, con l'operazione Intrum, «siamo riusciti a dimostrare che le sofferenze nei bilanci» delle banche «possono essere vendute a valori prossimi a quelli di carico», ha aggiunto il banchiere.

Se il sistema bancario italiano festeggia, quello tedesco è finito sotto ai riflettori della Bce che ha chiesto a Deutsche Bank di stimare i costi della liquidazione delle attività di trading, la prima simulazione di questo tipo per una delle maggiori banche Ue.

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