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Con la ricetta M5s-Pd finiremmo come la Grecia

Un governo Pd-M5s avrebbe il dovere di evitare un commissariamento. Ma il programma consiste di tre proposte che portano un peggioramento

Con la ricetta M5s-Pd finiremmo come la Grecia

Nel mandato esplorativo la presidente del Senato Alberti Casellati non ha solo il compito di verificare le coalizioni possibili, ma - in primo luogo - quali programmi hanno per il Def (documento di economia e finanza) 2018-20021, in grado di farci uscire dalla lista nera dei paesi che rischiano il commissariamento, che l'Unione Europea ha compilato alla fine del 2017, quando il Pd era nel pieno delle competenze. Il quadro già allora nero, nei mesi successivi è stato annerito da nuovi deficit dovuti al costo (destinato a salire) del salvataggio del Monte dei Paschi e forse di altre banche a guida dem e amici. Un governo Pd-M5s avrebbe il dovere di riparare questo lascito, per evitare un commissariamento, deciso non tanto da Bruxelles, quanto dal mercato finanziario, con la frase «sell» - ossia vendere - riferita ai nostri titoli pubblici. Un rischio quasi senza più paracadute, essendo alla fine il supporto della Bce di Draghi. Ma il programma comune Pd-M5s consiste di tre proposte che portano non miglioramento ma peggioramento: reddito di cittadinanza, mascherato da reddito per l'inclusione nella forza lavoro, assegni maggiorati alle famiglie, salario minimo per legge. I 5 Stelle hanno vinto nel Sud con lo specchietto del reddito di cittadinanza. La proposta numero 3, non accompagnata dalla possibilità di contratti decentrati di lavoro in deroga a quelli nazionali e dalla reintroduzione di vouchers e contratti della legge Biagi, implica un aumento legislativo dei salari attuali, con particolare danno per l'occupazione nel Sud e stimolo di quella sommersa, la cui clandestinità servirebbe anche per fruire del reddito di cittadinanza.

Se il programma del «cambiamento» si incentra sul progetto Pd-M5s, si tratta non della uscita dalla black list, ma della via con cui la Grecia è precipitata nelle tenaglie del Fondo monetario internazionale e del Fondo di salvataggio europeo. Che sta per diventare un Fondo monetario, a guida franco-tedesca. Macron propone di ampliare il compito di questo Fondo a politiche di sostegno per la crescita. Ma il ministro delle Finanze tedesco, della Spd (il partito socialdemocratico) vi si oppone perché lavoratori e risparmiatori tedeschi non vogliono pagare per la «beneficenza all'Italia». Angela Merkel si accoda alla Spd. Ma perché lavoratori, risparmiatori e produttori italiani dovrebbero pagare per queste cicale, avide di posti, nella Cassa Depositi e Prestiti, nella Rai, nelle imprese pubbliche, nelle banche, nelle aziende commissariate (di cui paghiamo i risanamenti)? Il pareggio del bilancio (salvo limitate deroghe per il ciclo e le emergenze) non è solo una regola europea (per altro scritta in modo discutibile). È anche una chiara regola dell'articolo 81 della Costituzione nella nuova versione voluta dal centrodestra italiano, prima d'esser cacciato dal governo con un colpo di mano. Questa regola serve a ridarci dignità in Europa e nel mondo e un avvenire di sviluppo, che il programma 5 Stelle-Pd preclude.

Non basta la grisaglia di Di Maio, per rassicurare chi lavora e produce.

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