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Dagli 007 spiati alla crociata contro gli Usa. De Magistris si sente un leader mondiale

Il vizietto dell'ex pm, famoso per aver intercettato servizi e procuratori

Dagli 007 spiati alla crociata contro gli Usa. De Magistris si sente un leader mondiale

Napoli - Ha sempre puntato in alto, Giggino. Fin dai tempi in cui vestiva la toga di pubblico ministero a Catanzaro. La recente polemica sulla presenza in rada del sottomarino Usa «John Warner», bollato come «indesiderato» dal sindaco in forza di una delibera comunale (e pazienza per le fonti normative superiori nazionali e internazionali, il Patto Atlantico è poca cosa rispetto alla volontà della Libera Repubblica Partenopea) è solo l'ultima testimonianza della propensione di Luigi de Magistris ad assurgere a protagonista assoluto. Situazionista per vocazione ma confinato a fatica nelle anguste cronache locali.

Da inquirente, in Calabria, è diventato famoso per le Grandi Inchieste (poi archiviate e fatte a pezzi dai giudici) che lo portarono a monitorare i tabulati delle utenze telefoniche del Csm, della segreteria generale della presidenza della Repubblica, della Procura nazionale antimafia, della presidenza del Consiglio, del ministro dell'Interno, dell'Autorità delegata per il controllo sui servizi segreti, dell'ambasciata americana a Roma e delle ancelle di Papa Ratzinger, e a calcare i salotti televisivi più in del giustizialismo selvaggio.

Diventato primo cittadino del capoluogo campano, deMa ha costruito con certosina cura la sua immagine pubblica di leader forte e indipendente. Riceve con frequenza settimanale ambasciatori e diplomatici nel suo ufficio a Palazzo San Giacomo. Ha già incontrato tra gli altri i rappresentanti del Principato di Monaco, dell'Azerbaijan, dell'Indonesia, del Kazakistan, dell'Islanda, dell'Armenia, della Lettonia e del Pakistan. E quando non sta nella sede dell'amministrazione, il sindaco prende la valigia e vola in Palestina, negli Stati Uniti (San Francisco e New York), a Bruxelles, ad Amburgo, a Vienna e a Barcellona. Ha fatto una capatina perfino a Baku, capitale dell'Azerbaigian. In questi sette anni da fascia tricolore, ha tenuto fede alla convinzione di avere un «ruolo mondiale»: ha invitato l'ex presidente Usa Barack Obama a Napoli (invito chissà perché declinato), ha polemizzato col suo successore Donald Trump, ha stigmatizzato via Twitter la politica israeliana. Ha concesso la cittadinanza onoraria ad Ocalan, il guerrigliero curdo in carcere in Turchia, e ad Abu Mazen, leader dell'Autorità nazionale palestinese. Ha dato ospitalità a Freedom Flottilla. Ma l'elenco sarebbe lungo. Ha promesso che diventerà premier italiano.

Tra un accordo politico ballerino con l'ex ministro greco Yanis Varoufakis per le prossime Europee e un incontro con Jean-Luc Mélenchon, fondatore e animatore del movimento di ultrasinistra «La France Insoumise», Giggino si è paragonato anche a Che Guevara. «È un mio mito ha detto in più di un'occasione è un grande, mi ispiro alla sua figura». «Mi piacerebbe essere ricordato come il Che Guevara di Napoli». In attesa del passaggio di consegne, di Guevara deMa ha pure incontrato il fratello minore, Ramiro Guevara Erra. L'altro ieri, se l'è presa con la Nato e con gli Stati Uniti finendo però per essere smentito dalla Capitaneria di Porto che ha affermato che il sommergibile nucleare era all'ancora in una porzione d'acqua appositamente prevista dagli accordi atlantici.

Ma questo, in fin dei conti, è un dettaglio.

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