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Finisce l'era dei Castro, ma Cuba non si rinnova

All'86enne Raul subentra Miguel Diaz-Canel, un uomo di apparato che lascerà tutto com'è

Raul Castro parla all'assemblea del VII congresso del partito comunista
Raul Castro parla all'assemblea del VII congresso del partito comunista

Sessant'anni dopo cala il sipario sui fratelli Castro eppure Cuba non cambierà volto, resteranno le contraddizioni, la necessità di riforme urgenti che non arrivano, la fedeltà al modello comunista che schiaccia e porta indietro. Il Parlamento dell'Avana -come da programma- si è riunito ieri per eleggere il successore di Raul. Niente di nuovo, il prescelto di Raul è Miguel Diaz-Canel, 57 anni, un civile che non ha fatto la rivoluzione del '59, il delfino dei fratelli Castro, l'uomo che ha costruito la sua carriera all'ombra della dedizione finalizzata al successo, scalando tenace e fedele i gradini del partito. È stato Raul Castro, che lascia dopo 12 anni di presidenza per avviare delle riforme che solo lui avrebbe potuto condurre, a designare il successore. Oggi 86enne, il più giovane dei Castro ha lanciato Cuba in una transizione storica e domani, giovedì, passerà il testimone a un rappresentante della nuova generazione.

Riservato e paziente eppure con un sottile senso dell'umorismo, tanto quanto Fidel era esuberante e gorgogliante, Raul Castro è rimasto a lungo dietro le quinte prima di uscire alla luce a luglio del 2006, quando un improvviso problema di salute costrinse il fratello maggiore a cedere il potere a colui che da sempre aveva presentato come il suo successore. Lìder meno maximo dunque del fratello magnetico e carismatico. Raul secondo sempre, dalla nascita fino alla vita politica, un passo indietro rispetto all'uomo forte, architetto costruttore del sogno cubano. «Fidel è insostituibile, a meno che non lo sostituiamo tutti insieme», dichiarò al momento della successione. Ci vuole pazienza per essere una buona spalla, e lui ci ha speso una vita in questa missione. I fratelli Castro hanno scritto una storia unica di cooperazione ai vertici, riuscendo a resistere per oltre mezzo secolo all'avversità della super-potenza americana, 150 chilometri a nord delle sue coste. Secondo molti storici, è questa incrollabile alleanza di Fidel e Raul che ha consentito a Cuba di sopravvivere, e non solo agli attacchi del «nemico imperialista» americano come lo chiamano.

Eppure dal 2016 l'isola fatica a rilanciare l'economia, in un contesto in cui pesano l'embargo americano e le difficoltà del vicino alleato venezuelano. Custode della transizione, resterà alla guida del Partito comunista di Cuba (Pcc) fino al 2021, anno previsto per il prossimo congresso, quando avrà 90 anni. L'eredità che lasciano i fratelli Castro è pesante. E molti si chiedono cosa potrà fare questo dirigente di basso profilo, scarso carisma e posizioni poco note. L'erede dei Castro dovrà affrontare questioni cruciali per il futuro di Cuba e del suo governo, dopo lo stallo delle riforme lanciate da Raul a partire dal 2008, quando assunse la leadership dopo le dimissioni di Fidel.

Una cosa però sembra certa: una presidenza Diaz-Canel non rappresenterà una speranza reale di apertura politica a Cuba, malgrado i pressanti appelli di organizzazioni come Amnesty International per rafforzare i diritti umani nel paese.

Fra le scarse testimonianze disponibili sulle posizioni di Diaz-Canel, infatti, non mancano le dichiarazioni di fedeltà al sistema del partito unico, la denuncia di ogni forma di dissenso come attività sovversiva finanziata dall'estero e una visione del settore privato come complementare a quello statale, ma ugualmente pianificato e controllato dal governo.

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