Cultura e Spettacoli

L'Urss contro i suoi pianisti che non seguivano lo «spartito»

Da Richter e Ashkenazy ai casi meno noti. Così il regime cacciava o perseguitava i grandi musicisti non allineati

L'Urss contro i suoi pianisti che non seguivano lo «spartito»

È inciso nella storia il grande salto di Rudolf Nureyev. Il salto - per la verità una corsa in aeroporto - verso la libertà. Il ballerino-leggenda sfuggiva al Kgb chiedendo asilo politico alla Francia. Era 1961, dunque in piena guerra fredda, l'Urss aveva appena firmato il primo sbarco sulla luna. La fuga di Nureyev fu dunque uno schiaffo alla patria madre-matrigna.

Il suo è il caso eclatante di un fenomeno che solo in parte è stato indagato. Mancavano all'appello alcune tessere. Le ha ricomposte Luca Ciammarughi nel suo libro, Soviet Piano. I pianisti dalla Rivoluzione d'Ottobre alla Guerra Fredda (Zecchini Editore, pagg. 368, euro 29), in libreria da oggi. Solidi studi di Conservatorio e pratica pianistica quotidiana, dunque un caso nella pletora di scrittori di musica digiuni di musica, Ciammarughi ha condotto una ricerca certosina, documentatissima e appassionante. Alza il velo su una manciata di artisti noti, ma soprattutto su un'onda di interpreti pressoché sconosciuti: tutti costretti a fare i conti con il regime rosso. Artisti, perlopiù pianisti, cresciuti a pane, studi disperati e disciplina monastica, eletti a figure di rappresentanza della grandezza sovietica. Macchine da guerra pensate per strabiliare platee e giurie di concorsi puntualmente vinti. Conservatori e Accademie erano una catena di produzione di eccellenze, una produzione «industriale» che ci riporta alla Cina contemporanea. Ma con una differenza: la miriade di artisti d'Oriente pecca spesso d'un perfezionismo anonimo e noioso, mentre l'epoca sovietica si cibava della grandezza e dell'estro pre-comunista, ovvero zarista, e quel perfezionismo aveva anche un'anima.

Si arriva in fondo al libro turbati. Aldilà dei casi noti di Richter, Ashkenazy, Horowitz o Rostropovich, apparentemente storie a lieto fine, vengono alla ribalta vite disperate. I pianisti di cui tratta Ciammarughi non furono torturati o fucilati, poiché «la musica, come il cinema, era un mezzo troppo potente e popolare perché il regime potesse prendere in considerazione l'eliminazione fisica di coloro che erano necessari alla propaganda», spiega l'autore. Tuttavia logoravano l'anima il clima di costante intimidazione, le umiliazioni, i dischi eliminati dagli scaffali e le tournée cancellate per il minimo sospetto, la sorveglianza del Kgb, ma anche l'immancabile proposta di diventarne informatori. E poi le punizioni: come quella di ridursi a pianista accompagnatore di compagnie di ballo, per giunta amatoriali. L'artista non veniva ucciso, essendo utilissimo, ma i suoi familiari sì. Furono fucilati come «nemici del popolo» il padre di Richter, il marito e il padre della Grinberg, il padre di Vedernikov, mentre la madre fu condannata a otto anni di reclusione, il padre di Kerer morì in un campo di concentramento.

Nella folta galleria di Ciammarughi si esamina la carriera, ostacolata con tutti i mezzi, di Andrej Gavrilov. Tra i vari smacchi, quello di vedersi cancellato un viaggio a Berlino per un concerto con Herbert von Karajan alla testa dell'orchestra dei Berliner. Nel 1985 Gavrilov riuscì ad andarsene dall'Urss, ma le sofferenze accumulate gli procurarono un blocco a causa del quale per dieci anni non toccò il pianoforte. Altro caso umano quello di Anatol Ugorskij (1942) che ebbe il coraggio di andarsene dopo le molestie antisemite subite dalla figlia, e così la sua carriera prese il volo solo dopo i 50 anni. Vladimir Feltsman nel 1979 chiese un visto d'uscita dall'Urss. Il visto arrivò, ma solo dopo otto anni durante i quali venne estromesso dalla vita concertistica. Mikhail Rudy da subito ebbe un rapporto difficile con il regime sovietico, poiché figlio di «nemici del popolo» dai quali ereditò uno spirito libero che lo portò a ribellarsi all'idea di una prigione dorata. Nel 1976 riuscì a riparare in Francia, espatriò in una fase in cui il fenomeno della dissidenza si stava diffondendo sempre più, benché essere dissidenti non fosse meno pericoloso di prima. La dissidenza era definita dal governo «schizofrenia sociale», ed era passibile di trattamenti psichiatrici.

E che dire di Nelly Akopian-Tamarina, pianista eccelsa costretta a rimanere in Urrs fino al «disgelo» a causa del matrimonio scomodo della sorella? Alcune carriere pianistiche furono spezzate per il «reato» di omosessualità, come quella di Naum tarkman, eccezionale pianista che nel fulgore del successo, poco dopo aver vinto il Concorso «Vianna da Motta» di Lisbona ed essersi piazzato terzo al «Cajkovskij» di Mosca e quarto allo «Chopin» di Varsavia, fu incarcerato. Ma la lista è lunga, rimandiamo al libro. Il sistema sovietico, dice l'autore, fu estremo «sia nell'orrore che nel culto della bellezza».

Quella «bellezza» e unicità che tutt'ora connota tanti artisti russi o di scuola russa, come Daniil Trifonov, oggi il migliore in campo.

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