Cronache

"Ciao Alfie, hai messo le ali" Fiori, palloncini e post sui social per il "gladiatore"

Il bambino è morto ieri mattina prima dell’alba. Le "macchine" erano state staccate da 4 giorni, dopo l’ordine del giudice. L’addio straziante del padre: "Hai posato lo scudo. Ti voglio bene"

"Ciao Alfie, hai messo le ali" Fiori, palloncini e post sui social per il "gladiatore"

Alfie Evans è morto all’età di settecentodiciannove giorni, la gran parte dei quali trascorsi in una stanza dell’Alder Hey Children’s Hospital di Liverpool. È morto alle 2,30 della mattina di ieri, le 3,30 in quell’Italia che qualche giorno fa gli aveva dato in tutta fretta la cittadinanza sperando in tal modo di spingere medici e giudici inglesi a dare il via libera al trasferimento a Roma, dove un’équipe medica era pronto a prendersi cura di lui. È morto quattro giorni e poche ore dopo che, lunedì sera, i medici avevano deciso di staccarlo dal ventilatore meccanico che lo aiutava a respirare. Lui per circa cento ore ha resistito lottando contro quella maledetta malattia neurodegenerativa che lo affliggeva dall’inizio, ma poi si è arreso. E invidiamo chi ora pensa di sapere se è stato giusto così o no. Per i genitori, naturalmente, Alfie aveva il diritto di essere aiutato a vivere a tutti i costi. E per questo hanno condotto una guerra con i medici dell’Alder Hey, che invece pensavano l’interesse supremo del piccolo fosse quello di non soffrire inutilmente, non avendo nessuna chance di migliorare. Una guerra fatta di ricorsi alla Corte europea per i Diritti dell’uomo (pilatescamente respinto per incompetenza) e ai tribunali inglesi, che hanno però sempre preferito la ragione al sentimento. Negli ultimi giorni la dialettica era diventata ostilità e il papà di Alfie, Thomas, aveva raccontato di sentirsi disprezzato dalla direzione dell’ospedale e aveva anche annunciato una denuncia a tre medici (anonimi) dell’Alder Hey per cospirazione volta all’omicidio. Ieri però la rabbia ha fatto un passo indietro lasciando spazio al dolore. «Il mio gladiatore - ha scritto papà Tom sui social - ha posato lo scudo e ha guadagnato le ali. Completamente distrutto. Ti voglio bene, mio ragazzo». Tom e la moglie Kate non hanno avuto nemmeno la consolazione di vederlo spirare a casa e non in quell’ospedale che ormai odiavano. I medici sì erano detti disponibili a studiare il trasferimento ma avevano avvisato che ci sarebbero voluti alcuni giorni per organizzarlo.Nel frattempo il destino ha organizzato per Alfie un trasferimento assai più grande. Anche l’Alder Hey dopo la morte di Alfie ha riscoperto l’umanità, inviando agli Evans un messaggio di cordoglio. «Vogliamo esprimere - si legge nella nota - le nostre condoglianze dal profondo del cuore alla famiglia di Alfie in questo momento di vera angoscia. È stato un viaggio devastante per loro. Ora chiediamo sia rispettata la loro privacy è quella dello staff dell’Ander Hey». Ieri nel pomeriggio davanti all’Alder Hey sono stati liberati palloncini colorati in memoria di Alfie in una manifestazione pacifica. Un giardino lì vicino è diventato un memoriale con disegni, peluche e messaggi commossi che ora dopo ora si accumulano. C’è anche chi ha piantato una piccola bandiera italiana.

Per la salvezza di Alfie si erano mobilitati molti governi europei, tra cui il nostro; tanti inglesi commossi, che si erano costituiti in milizia nell’Alfie’s Army (l’Esercito di Alfie), presidiando l’ospedale e partecipando a veglie e preghiere; e molte persone in tutto il mondo (la pagina Facebook dedicata ad Alfie contava oltre 800mila iscritti) tra cui papa Francesco, che qualche giorno fa aveva incontrato a Roma papà Tom e da quel momento non aveva smesso di informarsi sulla sorte del bambino e di fare quello che poteva per portarlo in Italia.

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