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Il tramonto romano di un Ninja triste

Nainggolan e quel passaggio sbagliato che ha consegnato ai Reds le chiavi del match

Il tramonto romano di un Ninja triste

Roma - Il Ninja triste è la sineddoche di una Roma che saluta l'Europa quasi senza combattere al di là del risultato che è l'illusione ottica di un'impresa sfiorata, proprio lui che è un uomo di pugna, di lotta e di nicotina. È il Ninja che sbaglia un passaggio in orizzontale di difficoltà zero e consegna la palla a Firmino che gira il bonifico a Mané per il gol che è gioco-partita-incontro. Tocca a Radja Nainggolan da Anversa zittire la festa, lui che i decibel di solito li fa impennare come un rapper sboccato. Con quello sgorbio si spegne la partita della Roma, che da quel momento vivrà solo di scosse elettriche, di aneddotiche arbitrali e di languori finali che non raggiungeranno mai la dignità del rimpianto. E si spegne lui, che caracollerà con la cresta bassa per il campo a caccia di un riscatto che arriverà solo nel finale con il gol di un 3-2 che festeggerà a testa bassa e di un 4-2 che scippa a Dzeko per una doppietta da dimenticare.

Strano il destino del belga-indonesiano più testaccino di Florenzi. Doveva essere la stagione della sua consacrazione dopo quella monstre con Spalletti, che per lui aveva scritto il copione da trequartista anomalo. Aveva fatto quattordici gol, il Ninja, giocando partite sontuose come quella di San Siro con l'Inter, due gol magnifici, due traccianti che Handanovic aveva visto solo in tv a casa. Qualcuno dagli occhiali troppo rosa aveva iniziato a dire che in giallorosso giocava forse il miglior centrocampista d'Europa e trovava buffo che una tale furia non trovasse una maglia da titolare nella mejo gioventù della nazionale belga, più restia di Trigoria a tollerare gli eccessi di quel numero quattro. Doveva essere questa la stagione in cui Nainggolan, rimasto a Roma dopo essere stato cercato da molte grandi squadre, sarebbe diventato una star mondiale. Era rimasto lui, se n'è andato Salah e la stella assoluta è diventata il faraone con la barba. Nainggolan invece si è immalinconito con Di Francesco in un ruolo più arretrato, un po' mezzala un po' mediano, è tornato a segnare di rado, quattro gol in tutta la stagione, sei con ieri, poi si è riaffacciato davanti in un 4-2-3-1 più temerario ma non è mai più stato quello intravisto nel 2017, al punto da sbagliare le partite decisive come un rookie qualsiasi. Come all'andata all'Anfield Road in cui era sempre in ritardo di qualche decimo di secondo rispetto a satanassi come in serie A non se ne incontrano, come ieri quando ha controfirmato lo sfratto esecutivo dalla Champions.

Troppo facile ora ricordare quella notte di Capodanno, quel video instagrammato con sigarette, bestemmie, alcol. Quel «sono ubriaco fracico» da cinepanettone, l'imbarazzo della società, i tifosi sospesi tra ammirazione e imbarazzo (ma più imbarazzo), l'attacco a chi aveva diffuso la bravata («anche a Capodanno pensate a fare le notizie...») poi le scuse poco convinte.

Forse la storia giallorossa del Ninja è finita ieri, con un gol bello e inutile come un tramonto.

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