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Il primo anno di Macron all'Eliseo

Emmanuel Macron è da un anno l'inquilino dell'Eliseo. Dodici mesi ricchi di contraddizioni. In Francia, intanto, calano i consensi. Il presidente studia da leader del mondo, ma nella sua nazione è sempre più contestato

Il primo anno di Macron all'Eliseo

Emmanuel Macron ha trascorso il suo primo anno all'Eliseo. Eletto il sette maggio 2017, il presidente della Repubblica francese sta tentando di diventare il leader indiscusso dell'Europa intera.

Abbastanza stimato dai colleghi esteri, Macron i problemi principali li deve affrontare nella sua nazione. La "festa a Macron" di sabato scorso ne è un esempio. La manifestazione dei quaranta mila ha evidenziato come quella "questione sociale" emersa in campagna elettorale attraverso le istanze promosse dal Front National di Marine Le Pen e da La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon sia ancora attuale.

Gli ultimi sondaggi sono contrastanti. Alcuni registrano "una tenuta" superiore rispetto a quella dei suoi predecessori Hollande e Sarkozy. Altri parlano di un calo dei consensi radicale: due terzi degli elettori d'oltralpe non sono soddisfatti delle riforme del leader di En Marche!. La Francia è divisa a metà. La causa della spaccatura è ancora la contrapposizione tra "popolo" ed "élite". La stessa che aveva consentito ai lepenisti di andare al ballottaggio. Macron non rappresenta né il centrosinistra né il centrodestra: questo doroteismo di ritorno potrebbe dargli più di qualche grattacapo in vista della rielezione, ma è presto per parlarne.

Le ultime mosse in politica estera sono state accompagnate dal clamore dei media: la visita negli States ha consolidato il rapporto con il presidente Donald Trump, che sembra essere "pazzo" per il leader transalpino. Tanto da aver dichiarato di voler trattare solo con lui in relazione ai dazi imponibili a Bruxelles. Il dualismo ruota attorno agli equilibri geopolitici mondiali. Se su la Siria Macron e Trump sembrano essere più che d'accordo (l'attacco sferrato in modo multilaterale è la prova evidente), qualche problema esiste sul trattato sul nucleare con l'Iran. Macron è preoccupato da un'uscita degli Stati Uniti dall'intesa.

Intervenendo contro i presunti attacchi chimici di Douma, l'ex Rotschild ha dato prova di essere un sostenitore della grandeur francese nel mar Mediterraneo. Ha dichiarato di avere le "prove" di quanto accaduto, ma non le ha fatte vedere. Ogni volta che la Francia si prodiga nell'interventismo a rimetterci siamo noi italiani. Già, l'Italia, quella "visitata" dai gendarmi francesi a Bardonecchia per via dei migranti che sconfinano. Un episodio per cui l'Eliseo non si è ancora scusato.

Poi c'è un'altra marcia di avvicinamento, quella nei confronti della "Chiesa in uscita" di Papa Bergoglio. Macron è atteso in Vaticano per il prossimo giugno, ma la storica apertura nei confronti dell'episcopato francese ha rappresentato l'inizio di una sfida al laicismo statalista francese. Per la prima volta, un leader politico d'oltralpe dice di rivedersi nelle priorità programmatiche della Conferenza episcopale. La sensazione è che "il momento storico", quello favorito dal tipo di cattolicesimo promosso da Papa Francesco, sia utile a superare steccati ideologici di solito invalicabili. La Chiesa apprezza e "incassa" la novità. Macron fa l'antimmigrazionista, ma sposa la Chiesa perifiercia dell'argentino che così critica sui migranti non è. Contraddizioni e opportunismo geopolitico.

Parigi, intanto, diventa sempre più "capitale d'Europa". Macron prova a sfruttare i "tempi morti" vigenti nelle altre nazioni europee: i mesi trascorsi in Germania per formare un esecutivo, la trattativa in corso in Gran Bretagna per la Brexit e la situazione post-elettorale venutasi a creare in Italia. Si infila in tutto questo e disegna traiettorie per scavalcare Angela Merkel al vertice d'Europa.

Il progetto più ambizioso continua a riguardare le istituzioni europee: Macron vorrebbe un'Ue più unita, più politica e depositaria di maggiori poteri esecutivi. Almeno a parole. Si è candidato in tempi non sospetti per guidare l'Europa fuori da questo assetto istituzionale così contestato, ma per ora sono solo chiacchiere. L'uomo che si è laureato con una tesi su Machiavelli, del resto, è espressione degli stessi poteri che dice di voler riformare. Non è chiaro, insomma, quale grossa novità potrebbe apportare un esponente politico supportato dall'Unione europea intera in funzione anti sovranisti. Nell' "uomo dell'Ue" che vuole rivoluzionare l'Ue ci crediamo poco.

Tra i provvedimenti interni, la riforma più discussa è stata quella del lavoro. La legge si è "scontrata" con i sindacati, che in Francia mantengono una forte presa sull'opinione pubblica e sui "moti di piazza". Uno "scontro" alimentato soprattutto per via delle norme sul licenziamento. Al centro del progetto riformista c'era anche la riduzione del potere degli organi di rappresentanza dei lavoratori in merito alla contrattazione. Poi l'abolizione della tassa sulla prima casa, il "renziano" bonus cultura, la flat tax al 30% per le rendite da capitale e l'annunciata riforma del sistema pensionistico.

La "nuova sinistra", insomma, guarda più a destra della destra (Fillon aveva tutta un'altra idea di riforma del lavoro) e rischia così di nemicarsi l'elettorato tradizionale della sua parte politica. Solo il doppio turno alla francese consente a un presidente che al primo turno ha preso meno del 30% dei voti di atteggiarsi a Napoleone. Il primo anno di Macron è stato contrassegnato dalla dottrina politica del soggetto della sua tesi di laurea. Il machiavellico Macron si aggira per le cancellerie d'Europa in attesa di diventare il terzo leader del mondo dopo Trump e Putin.

Girandosi verso la Francia, però, potrebbe scoprire di non avere più consensi.

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