Cronache

Così Paolo VI ha provato a salvare Aldo Moro

Papa Paolo VI ha provato a salvare Aldo Moro. La lettera discussa è stato un tentativo, ma ci sarebbe stata anche una cifra per i Brigatisti. Il retroscena

Così Paolo VI ha provato a salvare Aldo Moro

Paolo VI ha provato a liberare Aldo Moro dalla prigionia delle Brigate Rosse. Oggi ricorrono i quarant'anni dal ritrovamento del corpo in via Caetani dell'esponente politico democristiano. Era il 9 maggio del 1978.

Il Papa dell'epoca, amico stretto del fondatore della DC, ha commemorato la figura dello statista qualche giorno dopo la notizia della morte. In pubblico, davanti a migliaia di fedeli. Funerali durante i quali il Papa italiano ha pronunciato parole durissime nei confronti dell' "oltraggio" subito da Moro: "Tu non hai esausito (riferendosi a Dio n.d.r.) la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro. Di questo uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico...non è vano il programma del nostro essere di credenti, la nostra carne risorgerà, la nostra vita sarà eterna...".

Si dice che il presidente della Democrazia Cristiana, durante i giorni del rapimento, fosse rimasto deluso dal tentativo del pontefice italiano: una lettera che chiedeva di rilasciarlo "semplicemente, senza condizioni". La missiva in questione avrebbe presentato una frase, poi cancellata e modificata. La prima versione avrebbe riportato la dicitura: "senza alcuna imbarazzante condizione". L'ipotesi in campo è che Il Papa volesse riferirsi alla chiacchierata trattativa in corso tra lo stato italiano e i brigatisti. Ma sarebbe emerso il suo ruolo di possibile "mediatore" tra le parti e qualcuno avrebbe potuto farsi qualche domanda sull'entità di queste "condizioni". Così il testo sarebbe stato rivisto, ma l'interpretazione presentata resta da confermare. Si tratterebbe, in ogni caso, di 50 miliardi di vecchie lire.

Si scopre, poi, che Papa Montini avrebbe provato a offrire una cifra economica per salvare la vita a Moro, sequestrato in quello che il pontefice ha definito "un vile agguato". Denaro che sarebbe stato depositato a Castel Gandolfo in attesa che la presunta trattavia con i terroristi si sbloccasse. "I soldi recavano la fascetta di una banca estera, precisamente israeliana, di Tel Aviv". Questo virgolettato, almeno, è parte di quanto dichiarato da monsignor Fabio Fabbri, cappellano vice ispettore delle carceri italiane dell'epoca, davanti alla Comissione Moro 2, come riportato dal quotidiano Avvenire. Niente Ior, insomma, ma una banca israeliana.

Più nello specifico: "In base agli accertamenti della Commissione Moro 2 - si legge sul quotidiano della Conferenza episcopale italiana - chi mise a disposizione del Papa e della Santa Sede la somma del riscatto per ottenere la salvezza di Moro, era un uomo d' affari israeliano di origini francesi Shmuel «Sammy» Flatto-Sharon, che all' epoca del sequestro era membro della Knesset dove rimase parlamentare fino al 1981". Le Brigate Rosse, però, non avrebbero avuto alcun interesse a ricevere denaro in cambio di quello che consideravano un vero e priorio "prigioniero politico". La mossa di Montini, insomma, non sarebbe bastata. Paolo VI, che diventerà santo durante il prossimo ottobre, sarebbe morto di lì a poco.

Un decesso che sarebbe stato accelerato anche dal dolore privato per la morte di Aldo Moro.

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