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La guerra dei confini: ecco il "Donbass" negli occhi di Loznitsa

Il regista ucraino racconta con imparzialità la lotta civile nella regione contesa dalla Russia

La guerra dei confini: ecco il "Donbass" negli occhi di Loznitsa

Donbass, di Sergei Loznitsa, film d'apertura del Certain Regard, rimanda a quella regione dell'est dell'Ukraina teatro in questi ultimi anni dello scontro fra governo centrale nazionale e separatismo filorusso. È uno dei tanti effetti del crollo del comunismo seguito alla caduta del Muro di Berlino del 1989, con la disintegrazione dell'Urss, la nascita di nuovi Stati nazionali, il lento ritorno della Russia nel ruolo di potenza egemone, il tentativo occidentale (Germania e Stati Uniti in primis) di ricondurre alcune di queste nuove-antiche-nazionalità, in questo caso l'Ucraina, sotto la loro sfera di influenza. Va aggiunto che il Donbass è stato, nella prima metà del XX secolo, una regione industriale che godeva di una forza operaia gratuita quanto particolare, quella dei prigionieri dei gulag, in grado di garantire un'economia «drogata», foriera, una volta venuta meno, di gravi problemi economici.

Regista ucraino, già autore di Une femme douce, lo scorso anno in competizione a Cannes, Loznitsa ha girato Donbass con una produzione franco-ucraino-tedesca, e quindi non gli si può chiedere una sorta di imparzialità. D'altra parte, non siamo di fronte a un documentario, ma a un'opera d'immaginazione, per quanto basata su fatti accaduti e/o rielaborati. Allo stesso tempo, il regista non imbocca la strada di un nazionalismo ucraino fine a se stesso e preferisce uno sguardo più ampio, quello che riguarda gli esseri umani alle prese con una società in cui declino, aggressività e disaggregazione la fanno da padrone. Il fatto poi che tutti nel film parlino in russo, che le uniformi ucraine e quelle dei separatisti siano identiche, aggiunge confusione all'insieme e però permette di capire perché la guerra si possa chiamare pace, la propaganda possa definirsi verità, l'odio possa pretendere di essere un atto d'amore. Guerra patriottica e guerra civile fanno insomma del Donbass una regione al limite, complicata da annosi e tortuosi regolamenti di conti che risalgono a tutto il Novecento e che videro, nella Seconda guerra mondiale, un'Ucraina più ostile al regime sovietico di quanto non lo fosse rispetto alle truppe tedesche che l'avevano invasa.

Costruito su tredici episodi, che si sviluppano fra il 2014-2015, legati fra loro da personaggi che fanno da collegamento, Donbass comincia come una commedia dell'assurdo che si trasforma in assurda tragedia, avendo però per protagonisti cittadini normali. Piuttosto che rifarsi al detto marxiano che vuole il ripetersi della storia come farsa rispetto alla tragedia che l'ha preceduta, Loznitsa sceglie la strada più ambiziosa di raccontare il riflesso di un mondo sotterraneo agli avvenimenti e che rimanda l'immagine della realtà che lo sovrasta come in uno specchio deformato. Così, di volta in volta, i corrotti divengono i difensori della morale pubblica, i separatisti gli alfieri dell'ordine nazionale, i partigiani antirussi gli eredi dei nazisti di mezzo secolo prima... Sempre più la società civile si disgrega, una sorta di umiliazione progressiva che dilania dall'interno le famiglie, sempre più una guerra ibrida, che è insieme scontro militare e delinquenza organizzata, costruisce un sistema della menzogna in cui il silenzio diviene l'unica arma di difesa possibile per chi si rende conto che le antiche regole di convivenza sono saltate.

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