Cultura e Spettacoli

Una spassosa satira sui "luoghi comunisti"

Una spassosa satira sui "luoghi comunisti"

Non moriremo democristiani, aveva titolato il Manifesto, il 28 giugno 1983, per commentare la vittoria risicata, nelle elezioni politiche di quell'anno, della DC guidata da De Mita. Uno slogan divenuto oggetto di culto per la sinistra italiana.

Ora, a distanza di decenni, arriva nelle sale Si muore tutti democristiani, che sembra una dichiarazione di resa per chi ha sempre professato la propria fede politica progressista. In effetti, il primo divertente, ma non solo, lungometraggio de Il Terzo Segreto di Satira (finalmente, dal web, arriva sul grande schermo linfa nuova) è un spassoso viaggio dentro i luoghi comuni degli ideali del pugno chiuso. Sono proprio i protagonisti, che curano anche la regia, a definire il film «una metafora della sinistra italiana e della sua mutazione renziana».

E così, li vediamo nei panni di tre amici e colleghi, dal passato politicizzato, ma non troppo («forse sono di sinistra perché ho fatto il Classico, mentre se avessi fatto l'Itis sarei fascista come mio cugino»). Stefano è un docente che prende 200 euro al mese e ha la moglie incinta. Fabrizio si è sposato con la figlia di un ricco mobiliere. Enrico divide l'appartamento con inquilini occasionali per arrotondare. Insieme, portano avanti, con fatica, una piccola casa di produzione che realizza, tra filmini di matrimonio e altro, anche documentari impegnati che in pochi vanno a vedere o che viene scritturata da sindacato e associazione partigiani per un video sul 25 aprile, nato come esplosivo, ma poi allineato al politicamente corretto, tra tragicomici aggiustamenti. Fino a quando, una onlus offre loro 150mila euro per girare un documentario sulla povertà in Africa. Solo che scoppia lo scandalo: l'associazione ricicla denaro sporco.

Da qui il conflitto morale: accettare lo stesso i soldi, alla faccia di tutti i valori di sinistra predicati, o mantenere fede ai propri (presunti) ideali? L'arte del compromesso diventa l'essenza di un film divertente, pieno di spunti di riflessione (da antologia la scena nel quale uno dei tre acquista un ombrello di marca, invece che spendere 5 euro da un cingalese immigrato, altro che Contromano di Albanese) sul «nascere contestatore e morire contestato».

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