Cultura e Spettacoli

Il Pessoa "detective" indaga sulla morte del satanista Crowley

Un incontro reale, un finto suicidio tra gli scogli di Cascais e un romanzo poliziesco sull'intera vicenda: in un libro tutti gli inediti

Il Pessoa "detective" indaga sulla morte del satanista Crowley

di Fernando Pessoa

La linea ferroviaria che parte dal confine meridionale di Lisbona e prosegue a ovest lungo le rive settentrionali del Tago, corre attraverso i piccoli lidi che costeggiano il fiume, raggiungendo infine le magnifiche spiagge sabbiose della Costa del Sole a Estoril.

Il suo capolinea si trova a Cascais, una località a 18 miglia da Lisbona che forma di fatto un tutt'uno con Estoril. Cascais combina le attrazioni di un piccolo villaggio di pescatori con quelle di un'aristocratica destinazione balneare. Il secondo aspetto risale al tempo in cui re Carlo aveva l'abitudine di trascorrervi quella parte dell'anno in cui l'estate si trasforma in autunno. A un chilometro e mezzo circa a ovest di Cascais, proprio sulla costa atlantica, c'è una località rocciosa di grande bellezza chiamata la Bocca dell'Inferno (Boca do Inferno).

Questo luogo, che rimane più in basso rispetto alla strada e si raggiunge scendendo dei gradini, è una specie di cerchio nero scavato tra le rocce corrose, nel quale si apre uno stretto accesso al mare. Le onde si riversano al suo interno tramite quel piccolo ingresso e vi si sollevano impetuose: la Bocca dell'Inferno è un luogo sempre meraviglioso, ma diventa sublime e perfino sinistro nei giorni di tempesta. Non è raccomandabile avvicinarsi troppo al ciglio del cerchio nero. Naturalmente è stata teatro di molti suicidi.

A sinistra di questa formazione particolare, ma al livello della strada, c'è una sottile fessura tra le rocce, che forma una crepa lunga e stretta. Se la Bocca dell'Inferno è particolarmente pericolosa, questo punto - sinistro senza essere pittoresco - è mortale. La differenza tra i due è che il mare risale all'interno della Bocca fin sulla strada, mentre qui, nella Crepa del Diavolo, rimane sotto con il suo ruggito. Anche in essa vi sono stati dei suicidi, ma, mentre nella Bocca uno o due corpi sono stati ritrovati, qui i corpi non sono mai più riemersi.

Proprio sull'argine di questa Crepa del Diavolo (detta anche meno poeticamente Matacães, cioè Ammazzacani) nel tardo pomeriggio del 25 settembre 1930 fu ritrovata, tenuta ferma da un portasigarette di metallo, una lettera di Aleister Crowley, nella quale questi comunicava l'intenzione di suicidarsi.

Lo scopo di questo libro è descrivere nella sua interezza l'indagine che ho svolto sul suicidio, reale o apparente, di Aleister Crowley, nonché sulla sua scomparsa, quella invece certa, di cui si seppe a partire dal momento in cui furono ritrovati questi due oggetti.

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Il caso mi fu affidato il 28 settembre. Lo chiusi - se davvero lo si può considerare chiuso - il 5 ottobre.

Ogni aspetto dell'indagine che ho qui ricostruito può essere direttamente verificato, seguendo le stesse tracce che ho seguito io, oppure con un'indagine indipendente che conduca agli stessi punti. Laddove possibile, ho riportato i nomi e ho descritto nel dettaglio il mio processo investigativo. In altri casi invece ho omesso i nomi, perché non li conoscevo o perché non era corretto rivelarli. Ma i fatti emersi tramite le persone di cui ho omesso i nomi possono essere verificati da chiunque, anche senza sapere di chi si tratta. Chiunque può ripercorrere la stessa indagine, specialmente ora che ho lasciato nelle menti dei testimoni la consapevolezza di ciò a cui hanno assistito, talvolta scavando faticosamente nelle loro memorie quasi inconsce.

La scomparsa di Crowley è uno dei casi più curiosi in cui mi sia mai imbattuto, e, come spesso accade, mi ci sono ritrovato coinvolto in modo abbastanza casuale. Sono un investigatore privato da cinque anni e questa è la prima volta che ho a che fare con un caso interessante. O, quantomeno, non avevo ancora lavorato a un caso che valesse la pena di essere raccontato o che, valendone la pena, potesse davvero essere raccontato.

Quella che dall'esterno non sembrava altro che una sciocca, anche se misteriosa, messinscena giornalistica, si è rivelata invece essere sì una messinscena, ma di tutt'altro tipo, senza nulla di sciocco o di divertente. Alla fine dell'indagine mi sono imbattuto in qualcosa di ben peggiore, la possibilità cioè che vi fosse un omicidio collegato al caso. A quel punto però mi dovetti fermare, perché non potevo pestare i piedi alla polizia portoghese.

Il mio caso non può però considerarsi irrisolto. Sono giunto a delle conclusioni precise. In che modo l'omicidio, che sembra trovarsi al di là di esse, si colleghi alla vicenda principale è una questione su cui non sono in grado di decidere.

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La mattina del 28 settembre, una domenica, fui convocato d'urgenza presso la residenza privata della persona con cui ero in contatto per l'indagine che svolgevo a Lisbona da più di quattro mesi. Pensai che fosse emerso qualcosa di nuovo sul caso; c'erano in effetti un paio di questioni minori, ma significative, che erano ancora da chiarire. Si trattava di tutt'altro: con mia sorpresa fui incaricato di indagare con la massima urgenza sul caso di Aleister Crowley, a costo di lasciar perdere, almeno per il momento, tutto quello che riguardava il caso commerciale. Bisognava cioè scoprire se si trattasse di un suicidio o solo di una sparizione e, nel secondo caso, di che tipo di sparizione. Ero vagamente al corrente della vicenda poiché ne avevo letto sul Diário de Notícias e ne ero stato particolarmente colpito. Infatti il caso, apparentemente un suicidio, riguardava un mio connazionale. Ero anche vagamente al corrente di chi fosse Aleister Crowley.

Ovviamente, al momento dell'incarico chiesi subito di avere informazioni più precise su Crowley, sul suo aspetto soggiorno a Lisbona, o più in generale in Portogallo. Avrei così potuto avviare la mia indagine con una certa preparazione. Devo ammettere che tali informazioni mi furono fornite con una dovizia di particolari inaspettata. Li menzionerò in seguito, ma essi mostrano che i miei committenti erano perfettamente informati non solo sulla vita e sul passato di Crowley, ma anche sui suoi movimenti a Lisbona. Non sembrava invece che si fossero occupati più di tanto del suo soggiorno in altre parti del Portogallo. Era questo, insieme al mistero della sua scomparsa, a rendere il mio intervento necessario.

Poiché non rivelerò l'identità dei miei committenti, mi sento libero di aggiungere che trovai quelle informazioni dettagliate al punto di essere sospette. Capii subito che, per quanto Crowley non fosse stato propriamente «pedinato» in Portogallo, il suo soggiorno era stato previsto o seguito con attenzione, dato che i suoi movimenti erano noti con una certa precisione, se non altro nella misura in cui ciò è possibile in questo genere di cose.

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Le informazioni che ricevetti erano interessanti ma anche un po' deprimenti. Da un lato era ovviamente attraente indagare su un caso che riguardava un uomo tanto eccezionale: è improbabile che una nullità riesca a farsi chiamare «l'uomo peggiore d'Inghilterra» o di qualunque altro paese; e in un superlativo c'è sempre un qualcosa che ti riscatta dall'anonimità. Un uomo che si fa chiamare «La Bestia 666», che lo sia davvero oppure no, è certamente fuori dal comune.

D'altra parte però queste informazioni avevano anche qualcosa di meno piacevole. Le persone fuori dal comune sono interessanti, ma sono appunto anche fuori dal comune: hanno motivazioni e scopi che la normale psicologia stenta a immaginare, e che sono quindi difficili da prevedere o da tenere in conto.

Uno degli aspetti straordinari di Crowley è che era, o diceva di essere, un mago. Non so assolutamente nulla di magia, e con ciò voglio dire che non so se esista o se sia piuttosto un'illusione, una supposizione o una presa in giro. Al di là del fatto che la magia esista o meno, e di sapere eventualmente a quale di quelle tre cose corrisponda, ci possono essere dei folli e degli ipocriti nei mondi della magia così come ce ne sono in questo nostro universo più o meno visibile. Ma, qualunque cosa sia la magia, il fatto che un uomo si consideri un mago, o agisca come tale, introduce senza dubbio nelle sue azioni un elemento che non avremmo con un Tizio o un Caio qualunque. In altre parole, egli avrà motivazioni e scopi - ma anche amici e nemici - su basi diverse rispetto a quelle degli uomini comuni. Se si lavora a un caso in cui un uomo del genere è coinvolto, è probabile che ci si imbatta in fatti e semi-fatti estranei sia al senso comune sia a esperienze psicologiche normali. La mia indagine quindi, pur non portandomi ad ammettere le intenzioni dell'«astrale», mi ha comunque indotto a prendere in considerazione motivazioni inusitate, strane inimicizie, non-scopi e piani stravaganti.

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Era proprio il fatto che fosse un mago a darmi qualche perplessità. Non affermo né nego l'esistenza della magia e la sua efficacia. Non l'ho sperimentata, e perciò non ne so nulla. Forse non sarò mai in grado di sperimentarla e quindi non ne potrò mai sapere nulla. Forse questo non sarà il modo di procedere dello spirito, ma è comunque quello dello spirito scientifico. Eppure, anche se non affermo e non nego nulla riguardo alla magia, sono certo che la credenza in essa influenzi la mente di chi vi crede, instillandovi motivazioni, scopi, omissioni e negazioni che non possono essere razionalmente attribuite al normale comportamento umano. Era questo che mi turbava. Non sapendo nulla di magia, nemmeno in quanto ipotetica scienza o arte dell'ipnosi, non potevo prevedere il modo in cui la credenza nella magia avrebbe potuto influenzare le azioni di un uomo, né se mi sarei infine scontrato, nel corso del mio lavoro su un caso del genere, con il muro della mia incapacità di comprendere la mente di quell'uomo in quanto mago.

In questo senso, anche le più semplici informazioni mi turbavano.

Che tipo di mente può avere un uomo che si definisce tranquillamente «La Bestia 666»? Non vi è niente di apocalittico nella mia natura e non ho quindi un metro di misura per comprendere questa quarta dimensione della mente.

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