Cronaca locale

Collezioni illuminate alle Gallerie d'Italia

Esposta la preziosa raccolta dei fratelli Agrati che donarono alla banca 500 opere del Dopoguerra

Collezioni illuminate alle Gallerie d'Italia

Per capire la differenza che corre tra un collezionista e un accumulatore di opere d'arte basta entrare nella sede museale di Intesa San Paolo, alle Gallerie d'Italia di piazza della Scala: fino al 19 agosto la mostra Arte come rivelazione.

Dalla collezione Luigi e Peppino Agrati non è solo, complice la curatela di Luca Massimo Barbero, un emozionante viaggio nell'arte contemporanea dagli anni Sessanta alla fine degli anni Ottanta, ma la dimostrazione che per fare una bella collezione servono testa e cuore (oltre a disponibilità finanziarie). Iniziata da Peppino oltre quarant'anni fa poi completata dal fratello Luigi con la moglie Mariuccia, la collezione tra le più rilevanti in Italia per il contemporaneo: 500 opere di artisti italiani quali Lucio Fontana, Pietro Manzoni, Mario Schifano, Alberto Burri, e americani da Andy Warhol a Basquiat, Rauschenberg e Christo è stata donata alla banca nel 2004 e solamente ora, quale omaggio alla scomparsa di Luigi Agrati, esposta al pubblico: la mostra sarà ad ingresso libero, per sottolineare la generosità con cui gli industriali brianzoli da sempre sostennero, con discrezione e understatement, gli artisti con cui entrarono in contatto.

Collezionisti puri, gli Agrati vivono l'arte del loro tempo, non inseguono le mode: si lasciano sedurre da Christo (quando non era l'artistar che conosciamo oggi) mentre, nel novembre del 1970, «impacchetta» a Milano il monumento a Vittorio Emanuele e poi quello a Leonardo da Vinci: Peppino intuisce la portata della sua ricerca e diventa uno dei suoi primi mecenati, si appassiona all'arte americana coltivando un'amicizia profonda anche con Robert Rauschenberg, di cui in mostra spiccano Blue Exit, un ipnotico esterno urbano, e un Untitled pensato per il museo di Gerusalemme, fatto di sabbia, lattine e giornali, che appare oggi di un'attualità straziante. Sensibile alle tante sfumature della creatività degli anni Settanta, Peppino Agrati capisce prima di altri la portata della ricerca sulla luce al neon di Dan Flavin, che infatti gli dedica una suggestiva opera fluo, e prova un «folle amore» per Fausto Melotti (come recita il titolo di un'opera esposta).

Ed è sulle sculture in ottone di Melotti, affiancate alle Korai e al ieratico Savio, che l'esposizione si apre, quasi una mostra nella mostra, ché basterebbe solo questo corpus di 48 opere ad appagare il visitatore. Invece siamo solo all'inizio di un percorso di 75 lavori, molti dei quali mai esposti perché acquistati da Peppino e Luigi direttamente dagli artisti. Collezionisti che vivono il loro tempo, gli Agrati apprezzano la ricerca concettuale: dell'amico Lucio Fontana è esposto, vicino ai monocromi blu di Yves Klein, il raro Concetto Spaziale del '57, in un'altra sala spiccano le opere più mature di Pietro Manzoni, come l' Achrome di lana di vetro, e di Enrico Castellani. Gli Agrati cercano anche la poesia, colgono le sottigliezze: una delle sale più suggestive raduna La ricostruzione di balena di Pino Pascali, le «rose» di Kounellis, i suggestivi tappeti ricamati di Alighiero Boetti e le tele Giulio Paolini. Curiosi del nuovo, non restano indifferenti al fermento artistico made in Usa: in mostra opere iconiche come Triple Elvis di Andy Warhol, il seducente Prop, in metallo, di Richard Serra, i raffinati lavori di Cy Twombly e Bruce Nauman.

Il merito dei collezionisti è aver selezionato, mentre l'arte contemporanea andava facendosi e prima della consacrazione critica, il fiore creativo di quegli straordinari anni.

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