Cronache

Insultò i romeni sui social: arriva la condanna a 4 mesi

La modella Michela Bartolotta aveva scritto: "Puzzano". Ora rischia anche chi ha messo i "like"

Insultò i romeni sui social: arriva la condanna a 4 mesi

La pena se l'era già data da sola: aveva chiesto scusa spiegando che quella frase «I romeni puzzano» le era scappata in un momento di stress da troppo lavoro. Poi aveva organizzato una serata riparatrice: sulle vetrine del negozio di telefonia in cui lavorava come commessa, a Padova, aveva affisso un bel cartello con la parola «benvenuti» ben in evidenza; e aveva offerto schede ricaricabili gratuite a chi era stato offeso dal suo post, comparso su Facebook e sul web nell'estate 2014. Ma non c'è stato niente da fare: Michela Bartolotta, una bella ragazza arrivata alla finale di Miss Muretto, è stata condannata dal tribunale, addirittura in composizione collegiale, a 4 mesi di carcere per violazione della legge Mancino. Ovviamente, la donna non andrà in carcere e la pena è stata sospesa, ma c'è qualcosa che stride nel circuito giudiziario di un Paese che insegue, in mezzo a milioni di procedimenti in marcia con ritardi astronomici, le frasi scomposte di una diciottenne. Oltretutto, subito dopo, calmati i nervi, lei aveva chiesto perdono e si era cosparsa il capo di cenere.

Da decenni si discute sul come ridurre il perimetro del codice penale che entra a gamba tesa dentro le nostre vite, ma di fatto tutte le proposte sin qui avanzate per offrire sanzioni alternative, per esempio di carattere amministrativo, si sono impantanate.

Anche in questo caso, l'apparato si è messo in moto, c'è stata l'inchiesta e poi il processo, infine il verdetto, più mite rispetto alle richieste del pm che aveva proposto 6 mesi. Nel suo sfogo su Facebook in effetti Michela si era spinta in là con toni oltraggiosi: «Io e il popolo romeno non andremo mai d'accordo, tra puttane senza pudore, badanti depresse e altri elementi maleodoranti privi di educazione e civiltà, prima o poi vi stermino».

Non c'era bisogno di un sociologo per capire che questo pistolotto sgangherato non era stato partorito dalla mente malata di un qualche improbabile ideologo nostrano del Ku Klux Klan, ma da una fanciulla esasperata e sopra le righe, che avrebbe fatto bene a contare fino a 10 prima di buttare giù quelle espressioni inguardabili. E invece Michela è stata condannata per aver diffuso «idee basate sulla superiorità e sull'odio razziale o etnico», concetti «che incitano a commettere atti di discriminazione».

Siamo sul piano verbale, ma le toghe ritengono che il post razzista possa spingere qualcuno a passare ai fatti. Allora, la minirequisitoria contro i romeni fu fermata da un muro di indignazione, ma raccolse anche una sessantina di like. Ora anche questi fan della Bartolotta rischiano un procedimento e una condanna.

Le toghe hanno fatto il loro mestiere, con dispendio di energie e dei soldi del contribuente. Il buonsenso avrebbe suggerito una soluzione minimalista: due righe a caldo e a capo chino su Facebook sarebbero state sufficienti.

Anzi, più utili di un verdetto spropositato che nell'epoca velocissima dei social arriva dopo quattro lunghissimi anni.

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