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Iran, l'Ue si scopre unita contro le sanzioni Usa: "Niente stop agli affari"

Macron e May si schierano e la Merkel vola da Putin. Bruxelles studia un regolamento

Iran, l'Ue si scopre unita contro le sanzioni Usa: "Niente stop agli affari"

«Con amici come questi c'è da chiedersi chi siano i nemici». Il caustico interrogativo lanciato dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk all'apertura del vertice di Sofia non è solo una battuta. È il segnale della preoccupante agonia in cui versa quel Patto Atlantico rimasto, finora, uno degli ultimi assi portanti dell'ordine mondiale. Un asse bruscamente incrinato dalla decisione di Donald Trump di ritirarsi unilateralmente dall'accordo con il nucleare iraniano. E così il vertice dei capi di Stato europei di Sofia diventa il palcoscenico su cui emergono la confusione e il disorientamento creati dalla brusca rottura. Su quel palco il mondo sembra improvvisamente capovolto.

D'un tratto l'Iran, vera bestia nera degli Stati Uniti, ma in casi come la Siria anche di Inghilterra e Francia, diventa il nuovo simbolo dell'unità europea. E l'accordo sul nucleare e i connessi affari delle aziende europee si trasformano nel nuovo Santo Graal economico capace di risvegliare lo spirito europeo d'una Theresa May interessata fin qui solo alla Brexit e di riavvicinare un Emmanuel Macron e una Angela Merkel intenti fino a ieri a sgomitare per l'egemonia a Bruxelles. Per non parlare dei rapporti con Mosca. Merkel, prontissima nel 2014 a difendere le sanzioni nel nome di un Ucraina beniamina dell'America di Obama, ora corre a Sochi dove oggi incontra per la seconda volta in poche settimane il «cattivo» Vladimir Putin. Un incontro che potrebbe preludere a un'iniziativa per la fine delle sanzioni Ue a Mosca. Anche perché il coordinamento con la Russia diventa fondamentale nell'ottica di una contrapposizione all'America di Trump. Sofia sembra insomma il nuovo congresso di Vienna. E Trump, seppur ancora in attesa della sua Waterloo, il Napoleone da consegnare alla storia. Ma sarà proprio così?

La promessa di difendere a spada tratta l'accordo sul nucleare e gli affari con Teheran è stata confermata martedì dall'Alto Commissario per la politica estera Federica Mogherini durante un incontro col ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif. L'impegno della Mogherini non sembra però convincere le imprese europee. La Total, simbolo della Francia nel settore energetico e portabandiera nel 2016 del ritorno a Teheran, è la prima a non fidarsi. Il gigante francese conferma infatti di voler uscire dal mercato iraniano entro il 4 novembre per non incorrere nelle durissime sanzioni finanziarie fissate da Washington. E se l'azienda simbolo della grandeur francese in un settore energetico a cui Macron non è né estraneo né indifferente è pronta a lasciare ai soci cinesi un contratto da due miliardi sul gas iraniano, figuriamoci cosa potranno decidere aziende come quelle italiane prive di qualsiasi scudo «governativo». Proprio per questo la Commissione europea ha fissato per oggi una riunione in cui decidere come estendere all'Iran il regolamento stilato nel 1996 per la difesa delle aziende europee che al tempo operavano con Libia e Cuba nonostante l'embargo americano. «Dobbiamo agire ora perché le decisioni americane sull'accordo nucleare con l' Iran non rimarranno senza conseguenze ha spiegato Juncker - per questo lanciamo il ricorso alla legge del 1996 che punta a neutralizzare gli effetti extra-territoriali delle azioni americane». Il testo del regolamento dovrebbe essere pronto per fine mese in modo da superare le ratifiche del Parlamento e del Consiglio europeo ed entrare in vigore ad agosto.

Ma visto il pregresso c'è da chiedersi se, da qui ad allora, la tanto sbandierata fermezza europea sarà rimasta tale.

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