Economia

Iran, la Svizzera non accetta più commesse dopo le sanzioni Usa

Le aziende svizzere presenti nella Repubblica Islamica di Teheran non accettano più nuove commesse dopo l'annunciata reintroduzione delle sanzioni da parte degli Usa

Iran, la Svizzera non accetta più commesse dopo le sanzioni Usa

Si cominciano a vedere i primi effetti delle sanzioni Usa contro l'Iran: le aziende svizzere presenti nella Repubblica islamica non accettano più nuove commesse. Dallo scorso 8 maggio, infatti, dopo l'annuncio del ritiro degli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare iraniano, arriva lo stop delle aziende elvetiche, preoccupate di non compromettere i rapporti con l'America. A rivelarlo sono i settimanali SonntagsBlick e la NZZ am Sonntag. Si apprende, tra l'altro, che alcune aziende hanno già iniziato a chiudere i propri uffici in Iran, come fa sapere il presidente della camera di commercio iraniano-svizzera, Sharif Nezam-Mafi.

Un esperto intervistato dai due giornali svizzeri spiega che le società temono le sanzioni americane, oltre al fatto che per loro sta diventando sempre più difficile concludere affari in Iran. Ora le imprese svizzere sperano che la legge dell'Ue consenta alle aziende e ai tribunali europei di non sottostare alle regolamentazioni delle sanzioni prese da paesi terzi. Secondo un portavoce della Commissione Europea, infatti, per la Svizzera è possibile prendere alcune misure. Ma c'è da dire che per il momento la Confederazione non ha ancora stabilito nulla in merito.

La decisione degli Usa di punire l'Iran con nuove sanzioni economiche ha già avuto ripercussioni per i commercianti di materie prime con sede a Ginevra, scrive il domenicale Le Matin Dimanche. L'armatore danese di petroliere, Maersk Tanker, ha annunciato giovedì la fine delle proprie attività in Iran "Non basta più provare che non trattiamo più con l'Iran. Ora bisogna verificare che il carico non contenga idrocarburi di società collegate, anche indirettamente, a degli iraniani presenti sulla lista nera" statunitense, spiega un dirigente della azienda danese.

Secondo una rappresentante del gruppo britannico Vitol "non c'è dubbio che l'attività di trading con l'Iran e il suo finanziamento vengano colpite".

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