Cultura e Spettacoli

La "Palma" vola in Giappone. E l'Italia festeggia due volte

Il premio principale al film "Shoplifters". A Alice Rohrwacher la miglior sceneggiatura. Marcello Fonte è il miglior attore

La "Palma" vola in Giappone. E l'Italia festeggia due volte

Palma d'Oro a Shoplifsters (Un affare di famiglia), del giapponese Hirokazu Kore-eda, Palma d'Oro speciale, ovvero per la prima volta, a Le Livre d'image di Jean-Luc Godard, Premio della Giuria a Capharnaüm, della libanese Nadine Labaki, Gran premio a BlacKKKlansman, di Spike Lee, miglior regia a Cold War, del polacco Pawel Pawlikowski. Gli italiani non se ne vanno comunque via a mani vuote perché Lazzaro felice, di Alice Rohrwaker, si porta via il premio per la miglior sceneggiatura, anche se ex aequo con Tre volti dell'iraniano Jafar Panahi, e Dogman, di Matteo Garrone, quello di miglior attore per l'interpretazione di Marcello Fonte. La miglior attrice è invece Samal Yeslyamova, la protagonista del film russo Ayka, e nel annunciare questa vittoria, Asia Argento, che aveva questo compito, ha anche chiesto che Harwey Weinstein venga bandito dalla comunità internazionale cinematografica e non più invitato a Cannes... «Nel 1997 - ha detto scioccando la platea - fui violentata da Harvey Weinstein qui a Cannes. Avevo 21 anni. Oggi voglio fare una previsione: Harvey Weinstein non sarà benvenuto qui mai più. Ma seduti in mezzo a voi stasera ci sono ancora quelli che devono rispondere delle loro azioni».

Parole destinate a rinfocolare le polemiche. Anche perché, il Festival, dopo l'eco del movimento MeToo, aveva voluto correre ai ripari nel nome di un politicamente corretto di genere femminile, che si è rivelato anche grottesco. Chi aveva in qualche modo a che fare con la manifestazione, per esempio, si è visto arrivare, sotto forma di comunicati ufficiali anche nei casellari stampa e persino nella posta elettronica, un numero telefonico, accompagnato dallo slogan «Comportement correct exigé. Stop Harcèlement!» da chiamare per segnalare eventuali episodi di molestie sessuali, stabilendo così il singolare principio, nella terra dell'égalité, che di fronte alla legge ci sono reati e reati... C'è stata poi la montée des marches, capitanata da Kate Blanchett, di 82 fra attrici, registe, produttrici, portatrici di rivendicazioni moralistico-sindacali, sfilata, va da sé, rigorosamente vietata ai maschi...

Ma, tirate le somme, e dato conto dei vincitori, che cosa resta di questa settantunesima edizione del Festival?

Con due soli film americani in competizione, Cannes ha dato l'impressione che il braccio di ferro avutosi lo scorso anno fra Tierry Frémaux, il delegato selezionatore e Netflix, la piattaforma statunitense dello streaming, non abbia portato fortuna al primo, imbarcatosi avventurosamente nell'impresa di assicurarsi la presenza del gigante Usa e contemporaneamente rispettare le leggi francesi in materia di programmazione nelle sale. L'aver accettato di ospitare in concorso Le Livre d'images di Jean-Luc Godard, anche se la sua destinazione finale non sarà un cinema, ma il canale televisivo Arte, ha poi colorito il tutto di un nazionalismo transalpino ridicolo, dove ciò che non vale per gli altri è permesso per sé...Altro punto dolente riguarda non tanto il gigantesco apparato di sicurezza messo in campo e che ha riguardato persino i cacciatori di autografi e la cosiddetta «gang des escabeaux», gli habitués che con i loro sgabelli-scala per vedere la sfilata delle star facevano parte del colore locale, gli uni e gli altri sottoposti al controllo elettronico. Ha a che fare con una scelta punitiva nei confronti della stampa, equiparata nella visione dei film al pubblico più o meno scelto, costretta in alcuni giorni a un'overdose di proiezioni e, come nel caso del film in concorso più bello, Il pero selvatico del turco Nuri Bilge Ceylan, impossibilitata a parlarne: proiettato alle otto di sera dell'ultimo giorno è stato di fatto fagocitato dal dover dare conto dei vincitori...

Venendo infine alla selezione, siamo di fronte a un'edizione dignitosamente nella media, senza quella pellicola d'autore che arrivi però anche al grande pubblico, né quel capolavoro per cinefili in grado comunque di durare nel tempo.

Sotto questo aspetto i film francesi sono stati i più deludenti, gli asiatici i più apprezzati, ma la sorpresa vera è arrivata soprattutto dall'Est, La Russia di Leto, la Polonia di Cold War, due bianco e nero che ci riconciliano con il cinema d'antan.

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