Controcultura

Tutta la verità sulle bombe atomiche Usa

Il nuovo libro di Forest, che racconta la storia del fotografo che per primo ha documentato la strage di Nagasaki

Tutta la verità sulle bombe atomiche Usa

Dicendo che la letteratura è l'esperienza assoluta della vita, ci si immagina che valga per tutti i libri che leggiamo. E invece sono pochi quelli che la vita la cambiano davvero. Quando del francese Philippe Forest venne tradotto Tutti i bambini tranne uno, nel quale raccontava la morte di sua figlia, ciò che comprendemmo è che la letteratura non esiste, è un nome vuoto come un altro. Quel libro diceva la verità. La testimoniava.

Cosa significasse testimoniarla, però, Forest lo fece comprendere al suo terzo romanzo dedicato alla stessa storia, Sarinagara, nel quale, partito per il Giappone con sua moglie, con un senso di spaesamento che non lo faceva sentire a casa in nessun luogo, rileggeva, in tre diversi artisti - un poeta, un romanziere e un fotografo -, la sua stessa esperienza luttuosa. Ora, la storia del fotografo, Ysuke Yamahata (il primo ad aver documentato la strage di Nagasaki), torna come seconda tela di un dittico sul tema delle bombe atomiche lanciate sul Giappone nel '45 e che sta sotto il titolo di Muga-muchu. Ma il tema del libro, la cui prima tela, «43 secondi», è un testo teatrale che vede alternarsi i monologhi di due voci narranti (uno dei piloti statunitensi che quella bomba sganciò dal suo aereo e una sopravvissuta all'orrore della tragedia nucleare), non è esattamente la bomba atomica, ma la ricerca del significato del titolo in lingua giapponese. Forest scrive: «Muga-muchu significa senza coscienza. Cioè: privi di sé, in balia del vuoto, persi nell'estasi di un annientamento che svanisce ogni certezza di essere ancora qualcuno».

È la condizione dei sopravvissuti, che essendo scampati all'orrore, abitando le rovine del mondo e dell'umano, vivono come una doppia esistenza, come in un sogno. Yamahata, pur davanti alla tragedia che gli si presentò davanti agli occhi, non provò nulla, lavorava come in un sogno senza pensieri. Solo quando sviluppò le fotografie dovette realmente capire. La verità gli era tornata indietro in forma di immagine. «Che cos'è un testimone? Qualcuno che ha visto e che ha visto due volte, che ha sentito il bisogno di raddoppiare il suo sguardo, di lasciare che la visione si ripetesse e che, rivedendo il mondo, finisce per arrendersi alla sua sola e sovrana verità».

È così: la letteratura non esiste se non testimonia questa «sovrana verità» di un'esperienza assoluta di morte e di vita.

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