Cronache

"Aveva occhi come Satana". Trovato il capobranco bengalese dello stupro di Guidonia

Svolta nelle indagini. La vittima aiuta gli inquirenti a trovare il capobranco: "Quel suo sguardo cattivo non lo dimenticherò più"

"Aveva occhi come Satana". Trovato il capobranco bengalese dello stupro di Guidonia

"Quel suo sguardo cattivo non lo dimenticherò più. Incrociare i suoi occhi era puro terrore...". Adesso quegli occhi potrebbero avere un nome. Perché gli inquirenti stanno venendo a capo del barbaro stupro di venerdì notte quando nelle campagne abbandonate tra Settecamini e Guidonia, alle porte di Roma, una 43nne è stata violentata da due immigrati dopo che il branco l'aveva rapita alla fermata dell'autobus (guarda la gallery). "Mi dicevano 'Siamo Bangladesh, siamo bravi, stai tranquilla'...".

La donna ha urlato finché ha avuto la forza per farlo, ma nessuno l'ha sentita, nessuno è riuscito a salvarla. La procura di Tivoli, coordinata da Francesco Menditto, sta procedendo per sequestro di persona e violenza sessuale. E, secondo il Messaggero, sarebbe già arrivata a un nome. È quello del capobranco, della bestia che ha guidato gli altri tre a rapire la vittima e a stuprarla nelle campagne capitoline. Tutto è accaduto intorno all'una di notte, la donna, secondo quanto ha raccontato lei stessa agli agenti, stava aspettando un autobus in direzione Tivoli su via Tiburtina, di fronte alla metro Rebibbia. "Avevo appena finito di lavorare...", ha raccontato.

Due uomini, a bordo di una Fiat Panda, si sono avvicinati. Erano entrambi ubriachi, ma in un primo momento non le sono sembrati molesti. Improvvisamente l'hanno costretta a salire in auto con la forza, e per farla stare buona le hanno puntato addosso un coltello. È durante il viaggio che il capobranco le ha raccontato di essere "in Italia da nove anni" e di fare il meccanico. Le spiega anche che "la Panda ha uno sportello rotto perché devo finire di ripararla per un cliente". "Mentre guidava come un pazzo, per cercare di sfuggire alla trappola - ha raccontato la donna - ho cercato di parlarci un po', gli ho chiesto come si chiamasse, ho bluffato dicendogli che ero sposata e avevo figli, ma non gli importava, e allora per convincerlo a farmi scendere gli ho detto pure mi prendo il tuo numero, anzi guarda, ti do il mio, non ti prendo in giro, così ci vediamo domani". Forse è un caso ma sabato ha ricevuto tre chiamate da un numero sconosciuto. "Dall'altra parte - ha continuato - c'era qualcuno ma non parlava e riattaccava. Temo fosse lui...".

In via della Selciatella, a Guidonia, c'erano altri due bengalesi ad aspettare la Panda. L'incubo si è consumato in una zona di campagna abbandonata. "Quella bestia mi mordeva le labbra, il volto, le braccia, dietro le spalle, sulle gambe, sembrava un leone famelico, puzzava di birra - ha raccontato agli inquirenti - io vomitavo, ma a lui non importava, bestemmiava, mi diceva: Vomita pure, tanto t'ammazzo. Mi metteva in mano un telefono per illuminare la scena, con un altro filmava lo stupro, lo metto su Facebook, rideva e io vomitavo ancora". Durante la violenza sessuale, una delle belve le ha anche mostrato vecchi filmati. Erano tutti video di violenze sessuali. Tanto che ora gli inquirenti stanno ipotizzando di stupratori seriali.

La donna è stata poi abbandonata in strada, con i pantaloni abbassati e la maglietta arrotolata sotto il petto. La vittima in stato di choc è riuscita a chiamare il 113 ed è stata trasportata in un centro antiviolenza, dove sono stati riscontrati dei graffi sulle gambe e sono state fatte le analisi del caso. Col passare delle ore le indagini sono arrivate a una svolta. Si sarebbe, infatti, giunti a dare un nome al capobranco. Non si faceva alcun problema a mostrare il volto alla propria vittima.

"Gli altri li ho visti poco o niente - ha raccontato la 43enne - quello che era con lui quando mi hanno caricato a forza nella Panda, si teneva una pashmina davanti alla bocca per coprirsi mezza faccia e non parlava mai - ha poi concluso - degli altri, quelli che aspettavano sotto il ponte in mezzo alla discarica abusiva, i tratti non li ricordo, si sono seduti dietro anche loro e intorno a me nel buio più fitto vedevo solo il bianco spiritato di sei occhi, sembravano Satana".

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