Cultura e Spettacoli

Alla riscoperta di Giacomo Casanova il più grande libertario del Settecento

Matteo Strukul fa rivivere le avventure del grande seduttore veneziano

Alla riscoperta di Giacomo Casanova il più grande libertario del Settecento

Quello che cerchi, Giacomo, è solo un posto nel mondo: sotto i riflettori. Non è che allora la sfida fosse diversa da adesso. Sei figlio di un'attrice e di un ballerino, ma non è detto che lui sia tuo padre, sei venuto su in una repubblica oligarchica, dove i patrizi si giocano a dadi il potere e non c'è spazio per le famiglie qualunque.

Hai fascino, talento, intelligenza, coraggio, seduci, suoni il violino per incantare, sai stare al gioco, ti atteggi a intellettuale e se ti pagano non disprezzi il gioco diplomatico e il mestiere di spia, non è che non hai paura di morire, ma se ti toccano nella dignità non ti tiri mai indietro davanti a un duello. Conosci l'odore dei piombi, l'angoscia e l'adrenalina della fuga, la miseria da stella appannata, il disprezzo di chi ti ha invidiato, ora che hai smesso d'incantare, e la vecchiaia da servo in Boemia. Ti piace la fama che ti segue ovunque in Europa, il mistero, l'alchimia, l'umiliazione dei mariti, il sudore delle donne che lasci dormire stanche e soddisfatte dopo l'amore e tutto questo solo per incarnare sempre e ovunque la libertà. Chissà se in questa epoca tanto lontana avresti scelto come primo palcoscenico il Grande Fratello o qualcosa di simile o ti saresti ritrovato sulle strade di un Fabrizio Corona o a rivaleggiare con Vittorio Sgarbi per arte, strafottenza, disprezzo per mediocrità di massa, narcisismo sublime. O nulla di questo, ma qualcosa di nuovo ancora da inventare. C'è abbastanza per sospettare che di certo sei unico, ma la tua maschera non muore mai. Sei un libertino e ti chiami Casanova.

Questo figlio di Venezia, suddito rinnegato della Serenissima, non la smette di esistere. L'ultima apparizione è nelle pagine di Giacomo Casanova. La sonata dei cuori infranti (Mondadori, pagg. 305, euro 19. Lo evoca Matteo Strukul e lo porta al centro della sua nuova saga. Strukul ha rinnovato il romanzo storico e ha raccontato la lunga stagione dei Medici. In questi tempi che vedono come fulcro della creatività le serie tv non è un caso che il romanzo torni al feuiletton, narrazione lunga, a puntate, avventurosa, con un protagonista forte, un eroe umano e maledetto, che tutti i giorni fa i conti con i demoni della propria divergenza e sfida gli appuntamenti del destino. Casanova è però un feuiletton particolare, perché riapre le porte del romanzo libertino, con un omaggio sottotraccia alle Relazioni Pericolose di François Choderlos de Laclos. C'è il gioco, la passione, le scommesse, quell'idea di giocarsi il cielo a dadi, con il disincanto di una stagione che volge al crepuscolo.

La Venezia di Casanova, come la Parigi che non vede la rivoluzione, danza sull'orlo della caduta. C'è una classe dirigente ottusa e cieca che continua a incancrenirsi su vecchie mappe mentre i tempi stanno cambiando. Non vede il futuro, lo teme, e si ostina a ripetere gli stessi errori, come un medico che di fronte alla malattia non cerca risposte ma ripete presuntuoso le stesse formule accademiche, rituali, da fattucchiere.

Casanova non fa paura per il suo potere seduttivo, ma perché dice che i re sono nudi, perché genera incertezza, perché se ne frega del bene comune, ossia del potere. Casanova potrebbe essere un precursore dell'eroe stirneriano, un anarchico individualista che non riconosce altra autorità al di sopra di se stesso. Il Casanova storico non ha mai letto L'unico e la sua proprietà di Max Stirner. Non poteva. È morto quarantasei anni prima, allo scadere del Settecento, nel 1798, ma non si sarebbe certo scandalizzato per quelle pagine.

L'Unico è una rivolta contro le chiacchiere stanche e ipocrite dei vecchi reazionari e di giovani rampanti. È un atto di rabbia contro le fedi, non importa se in Dio o nella Ragione. Contro tutte le utopie che in nome del paradiso ti chiedono di rinunciare alla libertà. Contro chi toglie diritti all'individuo per darli alla società. Anche Casanova, come Stirner, potrebbe dire: ho fondato la mia causa sul nulla. Ma a differenza delle altre cause, anche quelle fondate sul nulla, non ti impone come pensare e come vivere. Non accusate però Casanova di nichilismo. Non cercate di sbarazzarvi del libertino con un'etichetta. È solo uno, o una, perché come racconta bene Strukul le donne del romanzo libertino sono orgogliosamente libere come gli uomini, che rifiuta le leggi del branco. Si riconoscono in una sorta di club di cani sciolti. Non vogliono appartenere e non si fidano del potere.

Sono divergenti e se qualcuno cerca di classificarli la risposta è guascona e irriverente: non nominate il mio nome invano.

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