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L'Uefa processa il Diavolo E il Milan rischia l'Europa

Rinviato a giudizio per il fairplay. Fassone: «Gestione sana. Sono amareggiato. È un danno di immagine»

Franco Ordine

L'Uefa ha rinviato a giudizio il Milan. La decisione, pronta da qualche giorno, è diventata ufficiale ieri, nel pomeriggio è stata comunicata a Fassone impegnato fino a sera nell'assemblea delle società di Lega: a Nyon hanno atteso la fine del campionato italiano per non turbarne l'esito. Respinto quindi dall'apposita commissione il patteggiamento proposto dal club rossonero costretto adesso a sottoporsi al giudizio (data presumibile metà giugno) della commissione (composta da cinque giudici) e a difendersi dall'accusa di aver violato il fair play finanziario, in particolare per la violazione della regola del pareggio di bilancio.

Nel precedente triennio ha infatti accumulato un deficit superiore ai 100 milioni. Le pene previste dal procedimento sono le più diverse e vanno da quelle più miti rappresentate dallo stop al mercato, ai limiti imposti alla rosa (valevoli per l'Europa league così come avvenuto l'anno scorso con l'Inter che non potè schierare in Europa Joao Mario e Gabigol, ndr), una pesante multa per finire con la stangata vera e propria che sarebbe costituita dall'eventuale e al momento, considerata dagli esperti, improbabile esclusione dall'Europa league conquistata con l'ultimo successo sulla Fiorentina.

Su quest'ultimo punto, che ha provocato l'allarme tra i tifosi rossoneri, alcune fonti interne all'Uefa hanno fatto sapere che l'esclusione dalle coppe è prevista per violazioni gravissime.

I motivi che hanno spinto l'organo di controllo dell'Uefa a rigettare la richiesta di patteggiamento altrimenti definito settlement agreement e a decidere il rinvio a giudizio sono quelli di sempre e che hanno fin qui accompagnato i viaggi della speranza di Fassone in Svizzera. Primo tra tutti il mancato rifinanziamento del debito con Elliott (303 milioni più interessi) del quale non si hanno notizie certe. Non solo. Ma Youghong Li, di recente, ha rispedito al mittente alcune proposte di soci di minoranza giudicando le cifre presentate non convenienti a causa del prezzo pagato per l'acquisizione del Milan (complessivi 740 milioni di euro). Il secondo motivo è rappresentato dalle incertezze legate al rimborso delle obbligazioni datate 2018 e infine, ultimo ma non ultimo come importanza, i modesti ricavi provenienti, per ora, dal mercato cinese. Dei 90 milioni previsti dal piano di Fassone e legati alla creazione della società Milan china, è entrata in cassa una quota minima.

Le limitazioni sul mercato sono date per scontate da casa Milan e costituiscono la spiegazione postuma al mercato sontuoso della passata edizione: non avessero provveduto con gli 11 acquisti a rifondare il team, oggi si sarebbero ritrovati con le mani legate. Duro il commento alla decisione Uefa dell'ad Marco Fassone: «Siamo sorpresi e amareggiati. Mi aspettavo che ci offrissero un settlement agreement come fatto per tutti i club con situazioni analoghe. Non hanno tenuto assolutamente conto dei dossier presentati, non hanno sentito Elliott e ignorato tutti gli adempimenti fatti dalla proprietà. Sono rimasto male - conclude Fassone - quello che potevamo fare lo abbiamo fatto. È un danno all'immagine, lo valuteremo coi nostri legali.

Stiamo gestendo la società in maniera sana e meritavamo un'offerta diversa».

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