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Vietato (non) mollare. L'alibi degli outsider

Vietato (non) mollare. L'alibi degli outsider

Giuseppe Conte, avvocato e professore che Lega e Cinque stelle hanno indicato come capo del governo è «amareggiato» per il make up al suo curriculum vitae ma desidera rassicurare tutti gli italiani che lui «non molla». Non molla... è partita la demolizione e a breve verrà fuori che alla New York University ha solo usufruito della toilette del campus, ma lui «non molla». Ecco qualcosa che ci suona familiare, certo più di Conte. Il fatto che l'outsider colto in flagrante di qualsiasi cosa, si affretti a rasserenare il popolo «resto al mio posto». Come se per gli italiani fosse davvero un sollievo, un autentico refrigerio sapere che qualcuno di cui può dubitare per i motivi più svariati, continuerà saldamente e imperterrito a rappresentarli.

Conte ha addirittura sbaragliato la concorrenza di tutti i suoi predecessori in materia avvertendo di volersi tener stretta una poltrona su cui non si è ancora nemmeno seduto. Ma prima di lui, in termini di paradosso, molto era già stato fatto. Scatta lo scandalo Banca Etruria e sbuca il nome del papà di Maria Elena Boschi, il Pd sprofonda nell'imbarazzo ma lei risorge botticelliana e sorridente con un «mio padre coinvolto? Nessun impatto su di me... Io vado avanti, mai lasciate le cose a metà». Napoli volta le spalle all'allora sindaco Luigi de Magistris indagato per la penosa situazione delle buche nelle strade e inguaiato per lo scandalo rifiuti e lui cosa replica fiero? «Ma io non mollo, anzi mi ricandido». E quale è stato il «testamento politico» dell'ex presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, dopo lo scandalo della presunta intercettazione nella quale il suo medico personale avrebbe pronunciato una frase vergognosa contro l'ex assessore Lucia Borsellino? «Su di me gossip di provincia, ma io non mollo».

E cosa disse l'ex sindaco di Roma Ignazio Marino, dopo una disastrosa gestione della Capitale, la sfiducia da parte del Pd, lo scandalo dello «scontrino gate»? «Non mollo». Come il suo successore Virginia Raggi, che, mentre i big grillini, le costruivano un «cordone sanitario attorno» dopo lo scandalo nomine e il rinvio a giudizio, insisteva candida «non mollo». Un po' come Matteo Renzi in barba al democrack del crollo di consensi, allo sfascio del suo partito e al dissenso espresso dalle urne: «Io non mollo». Un po' come Silvio Berlusconi, se vogliamo, ma in un contesto un tantino differente. E cioè dopo quattro governi e la riabilitazione a conclusione di una persecuzione giudiziaria durata venticinque anni: «Mi azzannano, ma io non mollo». Ma quelli erano altri morsi, altri traguardi e lui un grande statista. Questi che rompono il trotto subito dopo i nastri di partenza, non rassicurano nessuno inchiodandosi ai propri posti. Non ci riferiamo solo al «povero» Conte (santo cielo, ci sarà pur qualcuno che lo conosce quest'uomo, qualcuno che si faccia vivo per «reclamarlo» e riabilitarlo «io, lo conosco io, è compagno mio... l'ho visto nella biblioteca della Sorbona»...). È che tutti questi outsider dall'alibi facile devono capire che l'unica cosa che ci rassicurerebbe sarebbe poterli mandare a casa quando smettono di convincerci, o che fossero muniti di un acuto senso delle loro responsabilità, più che di un curriculum vitae dopato.

Vietato mollare? Vietato non mollare.

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