Economia

Anche Candy apre ai fondi per combattere contro i big

L'azienda dei Fumagalli studia la svolta e accelera sullo shopping. E il settore torna positivo dopo 7 anni

Anche Candy apre ai fondi  per combattere contro i big

Esattamente cinquant'anni fa, nel 1968, moriva in un incidente aereo in Spagna Lino Zanussi, industriale friulano fondatore della Rex, che allora era la più grande fabbrica meccanica italiana dopo la Fiat. Quel tragico evento segnò una tappa nella storia dell'industria del nostro Paese. Precipitarono con lui anche i suoi manager e l'azienda di elettrodomestici rimase decapitata. Andò in crisi e non si risollevò che dopo il 1984, quando fu acquistata dagli svedesi di Electrolux. Al momento dell'incidente, Zanussi stava trattando con la famiglia Wallenberg proprio l'acquisto di Electrolux.

Lino Zanussi fu uno dei pionieri di quella stagione felice dell'industria italiana che ebbe nella lavatrice come nell'automobile il simbolo del boom economico. Gli altri pionieri portavano nomi che restano nella memoria lontana: a Varese c'era il Giovanni Borghi della Ignis, a Fabriano nacque il polo dei tre fratelli Merloni, a Brescia quello, sfortunato, dei fratelli Nocivelli (Ocean), annientato dalla campagna di Francia. L'Italia era la capitale del «bianco» in un'epoca in cui le tecnologie erano meccaniche: prima in Europa, seconda nel mondo. Dall'Italia si esportava ovunque e il successo sembrava inarrestabile.

Oggi è cambiato tutto, ma il sistema industriale resiste ed è solido. Il settore fattura 15 miliardi, di cui 10 all'export e 6 di saldo attivo della bilancia commerciale; il 2017 ha registrato risultati positivi per la prima volta dopo sette anni, anche se i grandi elettrodomestici hanno perso ancora quota, meno 9,5% (lavatrici meno 14%) e sono scesi sotto i 10 milioni di pezzi. È cambiata la strategia: non più solo volumi, ma valore aggiunto, perché l'alto di gamma è più gradito dall'export. Gli occupati diretti sono 36mila, drasticamente scesi negli anni, che fanno del nostro il secondo Paese in Europa dopo la Germania nel settore.

Di quell'antico assetto familiare solo la Candy, anch'essa grande industria del dopoguerra, è tuttora italiana, di proprietà della famiglia Fumagalli di Brugherio, Brianza. Candy porta il nome di una canzone di Nat King Cole e oggi resta l'unica realtà nazionale, sana, in espansione, gestita con logiche manageriali ma con il capitale in mani familiari. Anch'essa però è alla vigilia di una svolta: la proprietà, oggi per il 90% nelle mani dei fratelli Beppe e Aldo, sarà aperta a un fondo di private equity, anche per finanziare la crescita attraverso acquisizioni: un progetto in corso, per valorizzare ancora di più il gruppo nei settori dei piccoli elettrodomestici e dell'incasso, dove già è forte.

Il resto del mercato è dominato da due big mondiali, Elecrtolux (l'ex Zanussi, appunto) e l'americana Whirlpool, che, dopo la Ignis, nel 2015 ha acquistato la Indesit degli eredi di Vittorio Merloni. Operazione non facile, integrazione ancora in corso. La stessa Whirlpool in tempi recenti è stata travolta dalle polemiche per l'annunciata delocalizzazione in Slovacchia dello stabilimento italiano di una sua controllata, la Embraco.

In questo panorama ormai internazionalizzato, Candy tiene saldi la tradizione dell'industria nazionale: cresce, va bene, e sa innovare il prodotto, oggi ricco di accorgimenti elettronici «intelligenti» che permettono un diverso rapporto uomo-macchina. Una svolta per Candy è stato l'innesto di alcuni manager provenienti dalla Acer, quindi dal mondo dell'informatica.

Il gruppo nel 2017 è cresciuto del 14%, ben più del mercato, con ricavi per 1.148 milioni, e il 2018 sta confermando il trend espansivo. In questi giorni apre una nuova fabbrica di lavastoviglie in Turchia, mentre sta andando a regime la joint-venture con Meiling in Cina; soprattutto, Candy investe molto sull'innovazione (105 milioni nel triennio) consapevole che solo un forte impulso al rinnovamento può darle successo anche con una taglia, sul mercato mondiale, medio-piccola.

L'obbiettivo è di arrivare a 2 miliardi di ricavi entro quattro anni.

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