Cultura e Spettacoli

"Jobs e Leonardo: due geni che amavano bellezza e scienza"

Il biografo: "La vera innovazione non è solo tecnologia, ma nasce da arte e curiosità"

"Jobs e Leonardo: due geni che amavano bellezza e scienza"

Se persino Walter Isaacson non si sbilancia («La vostra politica è un affare complesso: seguo gli sviluppi, ma non mi azzardo a fare previsioni»), vuol dire che la situazione è seria. All'inizio di una settimana che si preannuncia convulsa per l'agenda italiana, il giornalista e biografo americano, 66 anni, già corrispondente politico del Time, poi al vertice della Cnn e da 15 anni presidente e amministratore delegato del prestigioso Aspen Institute, è di passaggio nel nostro Paese, tra Milano e Firenze. Due città che Isaacson conosce bene, perché vi ha svolto approfondite ricerche prima di scrivere Leonardo da Vinci pubblicato da Mondadori lo scorso novembre. È uno di quei libri fortunati, a metà tra ricerca storica e aneddotica (negli Stati Uniti è stato a lungo tra i bestseller), che paiono perfetti per questi nostri tempi incerti.

«Dalla vita di Leonardo possiamo trarre lezioni importanti anche per oggi», commenta Walter Isaacson, famoso soprattutto per aver redatto la biografia autorizzata e ufficiale di Steve Jobs, pubblicata all'indomani della morte del fondatore della Apple. «Steve Jobs e Leonardo hanno in comune un aspetto per me davvero importante: per entrambi la bellezza non è un accessorio o un orpello. Sono due geni, vissuti in epoche molto distanti, che non facevano distinzioni tra arte e scienza, che non mettevano barriere tra i saperi. Credo che il futuro dell'innovazione risieda in questa loro intuizione: la tecnica e l'ingegneria da sole non bastano», afferma.

Presidente Isaacson, messa così sembra una critica neanche troppo velata al modello-Silicon Valley?

«Lì vedo troppi ingegneri, troppi geeks, gente che non sente, non percepisce proprio la Bellezza. Non penso che quello sia l'unico modello possibile di innovazione. Si può fare molto di più: punto sull'Europa, anche sull'Italia».

Ottimista, vista la situazione.

«Perché non dovrei esserlo? Il design e la creatività fanno parte della vostra storia, sono nel vostro Dna così come la sensibilità verso la Bellezza. Personalmente, non ritengo che il futuro della tecnologia stia nelle ricerche sull'Intelligenza Artificiale o su robot che sostituiranno gli umani. Piuttosto, le vere innovazioni riguarderanno le scienze della vita o i trasporti. Non dimentichiamoci poi che l'hi-tech nasce per potenziare le nostre abilità già esistenti e che il fattore umano resta determinante: non si può esaurire tutto nel digitale. Credo che in Europa potrà nascere nel giro di cinque anni un social network tutto nuovo, con un design completamente diverso da quello, ad esempio, di Facebook».

Non ama la creatura di Mark Zuckerberg?

«Ha un design così freddo e ostile, che stimola a schiacciare pulsanti che ti portano poi a ricevere pubblicità o a esaltare negativamente le tue passioni e pulsioni. L'innovazione avverrà altrove».

C'è un innovatore vivente che l'affascina?

«Jeff Bezos (fondatore e presidente di Amazon, ndr)».

È una figura discussa, anche per il suo modello imprenditoriale.

«Certamente, ma apprezzo la sua capacità di interessarsi ad ambiti molto diversi. È un innovatore puro, perché ha cambiato profondamente le nostre abitudini quotidiane. A lei viene in mente qualche altro nome?».

Pensavo citasse Elon Musk: la sua macchina Tesla nello spazio sembra venire dal futuro. È un innovatore, e un personaggio versatile: ha annunciato di volersi lanciare nel business delle caramelle e di una piattaforma per dare i voti alla veridicità dei giornalisti, lo sa?

«(ride) Sono sempre i matti a cambiare il mondo».

Prima di Steve Jobs e Leonardo, Lei ha scritto la biografica di altri importanti innovatori come Benjamin Franklin e Albert Einstein. Tutti eccentrici, questi cervelloni.

«La loro intelligenza non è infatti il punto cardine. Prendiamo Leonardo: non era certo l'uomo più sveglio del suo tempo, non aveva conseguito neanche studi particolarmente elevati, ma resta un genio assoluto per la capacità di guardare le cose da un punto di vista originale. Non solo: s'interrogava sul verso del picchio così come su problemi di ingegneria idraulica o di prospettiva mentre dipingeva la Gioconda: i suoi appunti sono una miniera infinita di domande su tutto lo scibile. Leonardo è diventato Leonardo perché è stato l'essere umano più curioso del pianeta».

Di questa sua ricerca sul Da Vinci, che cosa le resta? Che cosa vuole che ci resti?

«Non c'è innovazione senza curiosità, non c'è innovazione senza osservazione del mondo, senza alcuna preclusione o pregiudizio.

Non c'è innovazione senza un ambiente adeguato: la creatività di Leonardo è stata nutrita a Milano e a Firenze dai potenti dell'epoca».

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