Economia

Bankitalia si mette in trincea: "Il nostro destino è l'Europa"

Il monito del governatore Visco: «Serve più crescita, non altro debito. E arretrare sulle pensioni è rischioso»

Bankitalia si mette in trincea: "Il nostro destino è l'Europa"

«Il destino dell'Italia è quello dell'Europa», ha detto leggendo ieri le Considerazioni finali il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ricordando che «siamo parte di una grande area economica profondamente integrata, il cui sviluppo determina il nostro e allo stesso tempo ne dipende», per questo motivo «è importante che la voce dell'Italia sia autorevole nei contesti dove si deciderà il futuro dell'Ue».

Fondamentalmente le venti pagine del suo discorso si possono leggere come una critica ragionata al contratto di governo Lega-M5S partendo da un assunto principale: «L'Italia ha bisogno di più produttività e non di più debito». Come ripetuto in molti punti del discorso, «ridurre l'incidenza del debito è un obiettivo irrinunciabile: in una fase espansiva e con una politica monetaria ancora molto accomodante, non è utile aumentare il disavanzo». Da una parte il no alla spesa in deficit, dall'altra la necessità di insistere sull'aumento dei risparmi. «Il rapporto tra debito pubblico e Pil - ha aggiunto - potrebbe tornare sotto il 100% nel giro di dieci anni se venisse gradualmente conseguito un avanzo primario tra il 3 e il 4% del prodotto», il doppio rispetto al livello attuale. Si tratta della «ricetta» che Carlo Cottarelli ha sempre suggerito agli esecutivi.

Secondo Visco, gli effetti depressivi di una simile politica potrebbero essere contenuti agendo sulla leva fiscale, cioè abbassando parzialmente le imposte grazie alla minore spesa corrente. «I mezzi necessari vanno trovati con equilibrio e pazienza, tagliando le spese inutili e riconsiderando, semplificandola, la struttura complessiva dell'imposizione, senza pregiudizi nei confronti dell'aumento delle imposte meno distorsive», ha chiosato alludendo alla possibilità di incrementare le imposte indirette (cioè l'Iva) al posto di quelle dirette (Irpef, Ires o Imu).

Al contrario, il meccanismo del reddito di inclusione non deve «scoraggiare la ricerca di lavoro». Stesso discorso per la legge Fornero. «Sarebbe rischioso fare passi indietro perché le riforme in materia pensionistica rendono la spesa gestibile». Gli aggiustamenti devono, perciò, tenere conto della dinamica demografica.

«La fiducia condizione necessaria per il proseguimento della crescita dell'economia e non va dispersa, al di là di meschine e squilibrate valutazioni», ha ammonito il governatore riferendosi a quanto scritto da alcuni quotidiani tedeschi nei giorni scorsi. Ecco perché l'impennata dello spread «è grave e non ci sono giustificazioni, se non emotive, per ciò che osserviamo oggi sui mercati», ha aggiunto parlando a braccio. Il quadro, infatti, è quello di un sistema-Paese che stava lentamente venendo fuori da una lunga crisi, soprattutto a livello finanziario (non è passato inosservato il richiamo alle Popolari più piccole a consolidarsi e alle Bcc a entrare nei gruppi che si stanno formando), ma per scompaginare tutto ci vuole poco e, in controluce, si osserva un avvertimento a non tentare avventure populiste perché «la fiducia nel nostro futuro non si deve disperdere in azioni che rischiano di ridurre il potenziale di crescita dell'economia».

Lo spread «mi preoccupa molto, anche come italiano, non solo come banchiere: ci siamo già passati una volta, se possiamo evitare di farci del male mi sembra la scelta più logica», ha commentato l'ad di BancoBpm, Giuseppe Castagna. La crescita non si finanzia con il debito, «quella di Visco è una considerazione da buon padre di famiglia», ha chiosato il Ceo di Intesa, Carlo Messina.

Il prossimo futuro ci dirà se i figli l'ascolteranno.

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