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Governo, Salvini è al bivio

Il leader della Lega, Matteo Salvini, deve scegliere: ammainare la bandiera Savona e governare con M5s, oppure votare a luglio (col rischio bassa affluenza)

Governo, Salvini è al bivio

Matteo Salvini di strada in queste ore ne sta facendo parecchia. Stamattina le agenzie battevano sue dichiarazioni da Pisa, Massa Carrara e Sarzana. Ieri sera era a Siena. Il politico delle ruspe non ferma i motori della campagna elettorale neppure durante la crisi di governo, con Carlo Cottarelli che attende a mani giunte di sapere se si troverà un accordo politico per l'esecutivo o se toccherà alla sua squadra di tecnici. Ecco: la strada. Quella che il leader leghista in questi giorni ha percorso a spron battuto, ora si fa dissestata e lo ha portato a un bivio. Cinque Stelle o voto? Che fare?

Le opzioni in mano a Salvini sono due. La prima via porta diritto a Palazzo Chigi, o - meglio - al Viminale. Il segretario potrebbe ammainare la bandiera di Paolo Savona, accettare un altro nome al ministero dell'Economia e far nascere così il governo con il M5S. Il problema, però, non è indifferente perché rischia di pagare un prezzo in termini di credibilità. È stato lui stesso a dirlo tra un selfie e l'altro: "Ho una dignità e una serietà" che non vuole perdere. In fondo ieri ha fatto saltare il banco (senza accettare alternative) per il veto imposto da Mattarella sul professore. Fare dietrofront 48 ore dopo sarebbe un colpo di scena. Ecco perché oggi Salvini ha fatto spiegare ai suoi che Savona rimane in campo e ha mandato un messaggio diretto al Colle: "Ora spieghi Mattarella come uscirne". Che tradotto significa: non obbligatemi a fare passi che non posso compiere.

La seconda opzione è invece più semplice: il voto immediato. In realtà la data preferita dal Carroccio sarebbe quella di settembre, Salvini ci spera: un governo d'emergenza potrebbe scongiurare l'aumento dell'Iva e poi tutti alle urne. Ma le altre forze politiche non ci stanno. Di Maio ha già fatto di sapere che M5S non si asterrà sulla fiducia a Cottarelli e così il 29 luglio sembra il giorno più papabile, come proposto dal Pd. Mese ostico quello estivo per la Lega, perché gli elettori del Nord saranno in vacanza e difficilmente potranno rispondere alla chiamata alle urne. Troppo rischioso. E così il bivio resta sempre lì: governare (perdendo la faccia su Savona) o votare d'estate (rischiando sulla bassa affluenza)?

A mettere il leghista di fronte al dilemma è stato Luigi Di Maio con la decisione, presa ieri sera, di dare il "La" ad un'inattesa giravolta. Ritirato l'impeachment a Mattarella, si è detto pronto a "collaborare" col Colle, anche "rivedendo alcune posizioni". E le "posizioni" da modificare sono ovviamente quelle su Savona (definito però dal grillino "un valore aggiunto"). Il Capo dello Stato difficilmente farà passi indietro e vorrebbe vedere qualcuno di più rassicurante nella casella di via XX settembre. Ieri Salvini, Di Maio e Giorgetti si sono incontrati mentre Cottarelli saliva al Quirinale. Il grillino è sotto accusa nel Movimento per come ha gestito l'ultima fase dalla trattativa e molti deputati sono preoccupati per un ritorno immediato alle urne. Secondo fonti parlamentari, Lega e M5S avrebbero dunque cercato una mediazione (avvallata da Giorgia Meloni, convintasi a entrare in maggioranza) informando il Colle della trattativa (tuttora) in corso. Per questo Cottarelli sia ieri che oggi è salito al Quirinale per poi scendere senza annunciare la lista dei ministri. Sta prendendo tempo in attesa di sviluppi su un "possibile governo politico".

Pare che il M5S abbia proposto a Salvini di spostare Savona ad un altro ministero. Di Maio preme per una soluzione politica ("o governo Conte o voto") che lo tiri fuori dal vicolo cieco in cui si è cacciato. Alcuni ipotizzano Giorgetti all'Economia, ma lui smentisce categoricamente. Ieri sarebbe stato messo sul tavolo anche lo stesso mr Spending Review al Mef. Lo scambio, però, è stato subito bloccato da un inamovibile segretario leghista, che non può - e non vuole - digerire un tecnico espressione dei "poteri forti" nella casella che solo 48 ore fa è stata la fortezza di Gaeta della coerenza del Carroccio. "O il governo parte col contratto firmato e approvato dagli italiani nelle piazze, e con la squadra al completo concordata, magari con l'aggiunta di Giorgia Meloni, oppure avrà vinto chi dice sempre no", ha detto oggi il segretario.

Ufficialmente, dunque, Salvini sbatte la porta in faccia a Gigino ("non siamo al mercato") e a Mattarella (a meno che non accettino Savona). Ma l'incubo delle urne al mare rimane.

E così il "capitano" non ha ancora scelto quale strada del bivio imboccare.

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