Economia

L'Italia conti di più in Europa

L'Italia conti di più in Europa

Il dibattito su un'ipotetica uscita dell'Italia dalla moneta unica così come si sente e legge è, a mio avviso, mal posto. Guardiamo la realtà. Le risposte ragionevoli non possono che prevedere correzioni a medio, lungo termine. L'Italia ha commesso un errore nel passare all'euro senza tener conto delle caratteristiche economiche e sociali del nostro Paese. Si sono accettate, senza negoziare, linee guida imposte da Germania, Francia e Paesi del Nord. E ora? Parlo da economista, non certo da politico: abbandonare la moneta unica sarebbe un disastro. Dei 2.300 miliardi di debito pubblico, oltre 700 miliardi è detenuto da investitori esteri; prevedibile la reazione. E c'è l'esempio Brexit: qualche effetto negativo sul sistema paese della Gran Bretagna lo abbia già prodotto. E loro avevamo mantenuto la sterlina.

Certamente l'Italia deve contare di più nell'Eurozona. Se occorre, anche alzando i toni, senza però picchiare troppo i pugni su un tavolo che potrebbe rompersi. Contribuiamo ad una riforma, graduale; ad un programma di ampio respiro, almeno a dieci anni. Il fattore tempo è decisivo. L'Italia è un'azienda dove gli azionisti siamo tutti noi. Se non si cambia saremo costretti, per pagare i debiti contratti, a ricapitalizzare, se no fallimento.

Il problema non è l'indebitamento in sé. Ma come si spendono i soldi presi a prestito; un conto è farlo per investimenti (infrastrutture, sistemazione idrogeologica), invece si sente dire di bloccare la Tav, impegno sul quale si è già investito molto. Diverso è spendere di più di quel che si incassa magari per sostenere aziende pubbliche decotte. E pensare poi di ridurre il debito con privatizzazioni a metà: palliativi. Si entri nell'ottica virtuosa di un'azienda, l'Italia, che dovrà avere i conti in ordine. L'Europa un merito lo ha avuto, ha imposto qualche controllo fastidioso. Ma salutare.

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