Cronaca locale

I film di Cannes in passerella tra amore, povertà e lavoro

Da sabato riparte «Le vie del cinema» con sei fra i titoli vincitori in Costa azzurra. Già aperte le prenotazioni

I film di Cannes in passerella tra amore, povertà e lavoro

Le vie del cinema sono infinite. Quelle che portano ai film di Cannes sono invece decisamente circoscritte. Non più calendari interminabili con proiezioni sparse in una frenetica settimana, ma sei titoli per sei giorni che non significa però un'opera diversa ogni sera. Due le repliche per ogni titolo. La «colpa» di un cartellone in parte mutilato va attribuita forse ai due film italiani - Dogman di Matteo Garrone e Lazzaro felice di Alice Rohrwacher - già in sala da qualche settimana. Gli altri vincitori della recente rassegna in Costa azzurra passano invece in anteprima a partire da dopodomani. La prevendita dei biglietti è già aperta online, alle casse di Anteo Palazzo del cinema, Arcobaleno, Colosseo oltre al sito leviedelcinema.lombardiaspettacolo.com. Biglietti a 6,50 euro, si comincia sabato, si chiude giovedì.

Pochi ma buoni, si diceva. E tranne la sola eccezione di En guerre di Stephane Brizé, presente in rassegna ma assente dal palmares, gli altri hanno ottenuto riconoscimenti ufficiali. È cinema militante quello del regista francese, alle prese con il fenomeno della disoccupazione in una fabbrica dove gli operai, dapprima rassicurati, vengono poi licenziati in blocco. Si scatena così una guerra, enfatizzata dalle riprese battagliere di Brizé.

Todos lo saben dell'iraniano Ashgar Farhadi, ignorato dalla giuria, ha comunque avuto l'onore e l'onere di aprire il festival. Eppure Farhadi è autore di spessore che si era già affermato a Cannes nel 2013 con Il passato per cui fu premiata l'attrice Berenice Béjo e nel 2016 con Il cliente che vinse la palma per la sceneggiatura e l'interpretazione maschile, in aggiunta ai due Oscar per il film straniero con Una separazione (2012) e Il cliente. Il misterioso segreto di Laura (Penelope Cruz) verrà svelato al suo ritorno a casa per il matrimonio della sorella. Tutti saranno travolti dalle sue rivelazioni in un tragico crescendo.

Sempre dall'Iran un altro dissidente, Jafar Panahi, autore di Three faces, atto d'accusa verso il cinema del suo Paese che lo ha messo all'indice attraverso le vicende di un'attrice costretta all'esilio dal set, un'aspirante stella del cinema alla quale vengono tarpati i sogni e l'attrice affermata che raccoglie invece la disperazione della giovane collega.

La palma d'oro 2018 è andata a Shoplifters del giapponese Kore-eda Hirokazu su una scombussolatissima famiglia in cui il padre insegna ai figli a rubare al supermercato. Anche in questo caso, dietro le apparenze sta una sostanza che verrà a galla nelle ultime scene del film in cui sono descritte le varie facce dell'emarginazione. Da non perdere, anche se è certo il suo arrivo nei prossimi mesi, come pure per Cold war di Pawel Pawlikowski, romantica e suggestiva storia di un amore impossibile in bianco e nero ai tempi della guerra fredda, attraverso vari stati europei al di qua e al di là della cortina di ferro.

Socialmente impegnato sul traffico dei bambini, il libanese Capharnaüm di Nadine Labaki, premiata ex aequo con la Rohrwacher per la sceneggiatura e tra i migliori film della rassegna francese.

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