Cronache

Se è un banchiere a riscoprire il crocifisso

Se è un banchiere a riscoprire il crocifisso

Ci salveranno i nuovi banchieri? Come le vecchie zie di Leo Longanesi, alle cui borghesi virtù il piccolo grande romagnolo affidava l'Italia post-bellica, saranno i family banker a salvare la presenza pubblica del cattolicesimo ambrosiano? Le vie del Signore sono notoriamente infinite. Lo dimostra la notizia dell'inaugurazione di una nuova sede Mediolanum in centro a Milano (e dove, se no): c'era anche l'arciprete del Duomo, fatto non scontato, che ha benedetto un crocifisso da appendere al muro, fatto meno scontato ancora. Terza singolarità, la recita collettiva del Padre Nostro da parte dei presenti. Fra l'altro il religioso oggetto era tenuto in mano da una bella ragazza, ulteriore dimostrazione che il sacro non cancella il profano ma anzi lo valorizza (San Tommaso ricorda che la bellezza fisica discende da Dio così come quella spirituale...). Può darsi che ai banchieri sia affidato il compito di colmare il vuoto religioso lasciato da certi cardinali. Poche settimane fa in Baviera, la regione più cattolica della Germania, terra natale di Papa Ratzinger, è entrata in vigore una legge che impone la presenza del crocifisso negli uffici pubblici. Come regolarmente accade in questi casi, qualcuno ha protestato. Un imam? Un induista? Un ateista? Magari: è stato il cardinale Marx, locale arcivescovo, oltre che capo della Conferenza episcopale tedesca. Tralasciando troppo facili ironie sul cognome del personaggio mi limito a ricavarne che ormai è proprio il clero a mostrarsi meno attento a quei simboli cristiani a cui invece si aggrappano tanti semplici devoti, tante persone che vanno a messa oppure non ci vanno ma che tuttavia hanno bisogno di conforto e sete di assoluto. È abbastanza comprensibile che un banchiere o un bancario, un qualsivoglia operatore della finanza e del risparmio, senta ogni tanto il bisogno di alzare lo sguardo, di guardare oltre i suoi schermi. I numeri sono tanto ma non sono tutto. Chi idolatra il Toro, l'animale che simboleggia il rialzo borsistico, fatalmente verrà incornato. Adesso ovviamente spunteranno i critici, non il cardinale Marx che grazie a Dio non si occupa di questioni italiane e nemmeno, immagino, il superiore dell'arciprete benedicente ossia l'arcivescovo di Milano monsignore Delpini. Penso invece a qualche cattolico del filone pauperista e catacombale, di quelli che apprezzano le nuove chiese che sembrano garage, perfettamente mimetizzate nell'anonimato dell'edilizia periferica, senza né croci né campanili, e con gli interni bianchi quasi senza immagini, in stile ospedaliero. A costoro bisogna ricordare che Cristo non era nemico di chi maneggiava i soldi, a cominciare da San Matteo, patrono appunto dei banchieri, che di mestiere faceva addirittura l'esattore. E che la famosa parabola dei Talenti contiene un giudizio implicitamente positivo verso chi è capace di far fruttare il denaro altrui, evitando che rimanga inoperoso. E che, infine, all'origine del sistema bancario italiano ci sono i Monti di pietà, fondati nel Quattrocento dai frati francescani.

Non saranno direttamente i banchieri a salvarci, ovvio, sarà il crocefisso a farlo: ma se non ci fosse nessuno disposto a esporlo, nessuno saprebbe a chi chiedere soccorso.

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