Cronache

"Salvini? È come Hitler". La rabbia dei rom contro il Viminale

A distanza di 24 ore dal “censimento” annunciato dal ministro dell'Interno, nell’accampamento romano di via di Salone, il più grande d’Europa, i rom attaccano: “Salvini? È come Hitler”

"Salvini? È come Hitler". La rabbia dei rom contro il Viminale

A distanza di 24 ore ancora echeggiano le parole pronunciate da Matteo Salvini ai microfoni di Telelombardia. Ieri il ministro dell’Interno ha messo sul tavolo l’idea “di preparare un dossier sulla questione rom. L’obiettivo è quello di espellere gli stranieri irregolari che si annidano nei centinaia di insediamenti più e meno “tollerati” dello Stivale.

Solo a Roma, l’Associazione 21 Luglio ne ha contati 17. Un numero destinato a crescere se si considerano le decine di micro insediamenti che, ogni giorno, sorgono ai quattro angoli della Città Eterna. Una vera e propria costellazione di baraccopoli dove risiedono o transitano migliaia di persone. E allora, dice Salvini, bisogna fotografare la situazione, “vedere chi, come, quanti” e “fare un censimento”. È iniziata da qui un'escalation di reazioni indignate che ha raggiunto il suo apice nelle parole di Angela Casamonica, esponente dell’omonimo clan rom. “Salvini – ha intimato la nomade – deve rigare dritto”.

Qui nell’accampamento di via di Salone, il più grande d’Europa con 929 presenze, il nuovo ministro dell’Interno lo conoscono tutti. A novembre dello scorso anno, infatti, era già stato protagonista di un blitz per verificare lo stato dell’insediamento. Da allora poco è cambiato. Ad accoglierci al nostro arrivo c’è una gran quantità di immondizia incendiata, carcasse di frigoriferi e di topi morti. I bambini continuano a giocare tra i rifiuti, i cani randagi cercano riparo dalla calura e, oggi in particolar modo, si respira un clima che oscilla tra diffidenza e rancore. Non è facile farsi accettare, chiedere, domandare. Soprattutto ora che, tra i container, serpeggia la paura di essere rimandati a casa. “Non è giusto quello che ha detto Salvini”, ci dice un serbo sulla sessantina, arrivato nella Capitale da quasi mezzo secolo. “I miei nipoti, i miei figli, i figli dei miei nipoti, sono nati tutti qui”, ci tiene a sottolineare. Insomma, fanno parte di quei nomadi italiani che, secondo Salvini, “purtroppo te li devi tenere a casa”.

Gli fa eco, un po’ più in là, una donna bosniaca. È inferocita: “Salvini è diventato un fascista”. Il numero uno del Viminale, in questo fazzoletto dimenticato di periferia romana, è paragonato un po’ da tutti ad un dittatore perché, ci dicono, “furono Mussolini e Hitler a fare i censimenti su base etnica”. “Non si può dire facciamo un censimento su base razziale, non siamo animali”, accusa un ragazzo più giovane. Mentre un altro occupante del campo sintetizza il concetto con un gioco di parole: “Non dico che Salvini voglia fare piazza pulita, ma razza pulita quello sì”. A rincarare la dose è il portavoce della comunità rom, Najo Adzovic: “Cosa facciamo? Facciamo i kapò? Facciamo i lager? Non credo che questa società lo permetterà e nemmeno che i cittadini italiani lo permettano”.

Anche perché, si difendono i nomadi, le “mele marce” che delinquono e non sono in regola con i documenti “saranno non più del 10 per cento”. E allora non è giusto che la colpa di pochi ricada su tutta la comunità. Eppure, nonostante la rabbia che si respira nell’accampamento, tutti prendono le distanze dalle parole minacciose che Angela Casamonica ha rivolto a Salvini: “Minacciare il ministro dell’Interno – afferma Adzovic – è inopportuno”. E c’è chi, alla fine, spezza pure una lancia in favore del Viminale. “Non possono cacciare chi in Italia lavora e vuole integrarsi”, ripete Miroslav, un capofamiglia serbo.

“Ma ai delinquenti, sì – dice convinto – che ci pensi Salvini”.

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