Controcultura

I liberi muratori che vogliono costruire il "partito dello Stato"

I liberi muratori che vogliono costruire il "partito dello Stato"

Nessuno prende a calci un cane morto, secondo la celebre massima del filosofo Dale Carnegie: dunque la massoneria italiana ha di che consolarsi. Perché di botte ne riceve parecchie e non si può negare che sia viva; quanto al futuro, nel segno dell'alleanza fra Lega e Movimento 5 Stelle, ne parla Aldo Mola, studioso principe della materia (la sua Storia della Massoneria italiana dal 1717 al 2018. Tre secoli di un Ordine iniziatico esce ora da Bompiani, pagg. 832, euro 23).

La tesi principale è che la libera muratoria aspirò, ma non riuscì mai, a essere il «partito dello Stato»: fece politica, tradendo lo spirito iniziale che proibiva persino di parlarne nelle logge, senza in realtà conoscerne la grammatica. E lo stesso vale per la religione: l'ispirazione cristiana non confessionale, aperta al pensiero classico e illuminista, sensibile a suggestioni spiritualistiche e mistiche di varia provenienza, degenerò troppo spesso in anticlericalismo feroce (tipo quello del Messico al tempo dei Cristeros) o in banale occultismo più o meno magico (prestando il fianco alle accuse di settarismo, spiritismo, promiscuità sessuale e altre fantasie). E il «partito dello Stato», cioè il cuore della tolleranza laica, risorgimentale e fedele alla Costituzione, di cui avrebbe dovuto essere custode? Il guaio - secondo Mola - è che oggi non esiste: «Così, siamo come siamo... i massoni nei pasticci, e uno Stato che non se la passa benissimo».

Non si tratta soltanto degli attacchi su riviste e siti web, che accomunano la massoneria a cupole della finanza internazionale, manipolatrici della volontà popolare; oppure la condannano come incarnazione del relativismo, nemico di fede e tradizione. E nemmeno i guai dei massoni si limitano alla scomunica della Chiesa, che risale addirittura al 1751, con la bolla di Benedetto XIV, ribadita implicitamente da Papa Bergoglio due anni fa, quando in occasione del Giubileo della Misericordia mostrò comprensione verso quasi tutte le forme di spiritualità, esclusa la massonica, accomunata genericamente alle lobby. Il punto è che fin dalla nascita della Costituzione la vaghezza dell'articolo 18 - quello che proibisce le organizzazioni segrete - ha confinato la massoneria in una specie di limbo. Da cui ogni tanto sembra sul punto di uscire quando qualcuno degli avversari le tende la mano - come il cardinale Gianfranco Ravasi nel 2016 con un famoso articolo indirizzato ai «Cari fratelli massoni» - per ricadere subito dopo nella demonizzazione.

L'autore certo non trascura la madre di tutte le crisi, lo scandalo della P2 nel 1981, benché lo giudichi funzionale alla successiva strategia giustizialista di Tangentopoli. Il passaggio cruciale è però quello successivo, culminato l'anno scorso col sequestro degli elenchi degli iscritti di Calabria e Sicilia per iniziativa della commissione parlamentare d'inchiesta sulle mafie. È da quel giudizio sulla «tenebrosità strutturale» della organizzazione nel Sud, e sulla «segretezza che la permea», che discende la tesi finale della commissione presieduta da Rosy Bindi: «compatibilità con le mafie». Accusa infamante e generica quanto si vuole, ma tale da investire l'attuale legislatura della necessità di una «riforma»: sì, ma quale?

La risposta, da parte dell'alleanza giallo-verde, è una messa al bando. Il «Contratto per il cambiamento» stipulato il 16 maggio da Di Maio e Salvini, afferma che «non possono entrare a far parte del governo soggetti che appartengono alla massoneria». Già qui, secondo Mola, le prerogative del Presidente Mattarella sarebbero violate. Ma soprattutto si imprime un marchio d'infamia su tutte le logge, indipendentemente dalle diverse, e spesso litigiose obbedienze; Movimento 5 Stelle, Lega, Liberi e Uguali, Fratelli d'Italia escludono dai loro iscritti gli affiliati alla Libera Muratoria in quanto tali. Ed è di scarsa consolazione per i massoni il fatto che il Pd (il quale rimette l'appartenenza al rispetto di un generico codice etico) e Forza Italia dimostrino maggiore tolleranza. Resta il fatto che, in mancanza di una chiara norma giuridica, i massoni non sono considerati uguali a tutti gli altri cittadini nell'esercizio delle loro libertà politiche.

Stretto fra radicalismo giustizialista e sovranismo populista, l'ordine cui appartennero Garibaldi e Carducci paga insomma per gli errori compiuti, ma anche per le opacità perduranti nelle regole della nostra democrazia. Certo, niente di nuovo sotto il sole, se si pensa che già i tre partiti cardine della Prima Repubblica - Dc, Psi e Pci - chiusero a suo tempo le porte ai massoni. E che il Psdi, uno dei pochi a non allinearsi, si vide a suo tempo accusato d'essersi fatto finanziare dagli Stati Uniti attraverso tenebrosi contatti massonici. Insomma, l'organizzazione - pur rappresentando meno dello 0,5% della popolazione italiana - resta pietra di scandalo politico e problema giuridico non risolto.

Almeno fino a quando - come auspica Aldo Mola - verrà concesso dall'Onu il riconoscimento di Organizzazione non Governativa, obiettivo che risale agli anni Settanta, e che potrebbe ora essere perseguito in concreto. Ma non sarebbe come riconoscere implicitamente che per i massoni la Costituzione italiana non basta?

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