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La strada del mito all'ultimo miglio. La corsa negli Usa per salvare "Route66"

Lungo il percorso è nato il primo Mc Donald's, qui si viaggiava per cercare fortuna. Pochi turisti, negozi e motel chiusi: ora è tra i siti americani più a rischio

La strada del mito all'ultimo miglio. La corsa negli Usa per salvare "Route66"

New York È la strada che più di ogni altra incarna il mito del viaggio on the road: la mitica Route 66, che attraversa gli Stati Uniti per 4mila chilometri da Chicago a Santa Monica, Los Angeles, è considerata l'emblema del sogno americano, resa immortale da scrittori e cantanti. Oggi, però, versa in uno stato di degrado ed è partita una corsa contro il tempo per salvarla. Rimossa ormai da tempo dal sistema delle autostrade, sostituita dalle nuove highway, è sopravvissuta nell'immaginario collettivo come patrimonio culturale d'America, ma quest'anno il National Trust for Historic Preservation l'ha inserita tra gli 11 siti storici più a rischio degli Usa. «Per oltre 30 anni la nostra lista ha attirato l'attenzione su tesori unici minacciati in tutta la nazione, per incitare gli americani ad aiutare le comunità locali a salvarli», ha detto Stephanie Meeks, presidente e Ceo del Trust.
Aperta nel 1926, taglia il paese attraversando tre fusi orari e otto stati, Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Arizona e California. E termina al molo di Santa Monica, dove è posto il cartello con la scritta «Route 66 End of the Trail». La «Mother Road» ha iniziato a conoscere la sua fama negli anni della Grande Depressione, diventando una delle strade più utilizzate da coloro che migravano verso ovest, specialmente durante il «dust bowl», il fenomeno delle tempeste di sabbia che colpirono gli Stati Uniti centrali negli anni Trenta. Proprio lungo la Route 66 a San Bernardino (California), i fratelli Richard e Maurice nel 1940 aprirono un piccolo chiosco per gli hamburger chiamandolo con il loro cognome: fu il primo fast food McDonald's.
Ma sono stati gli anni dell'immediato secondo dopoguerra a consacrarla: soprattutto in quel periodo lungo la highway si svilupparono piccole imprese familiari come motel, drive in, diner e stazioni di servizio, con le loro iconiche insegne al neon. Adesso, però, molte stazioni di servizio sono fatiscenti, e la maggior parte degli storici motel e diner hanno chiuso per mancanza di clienti. Come il Ben Stanley's Café di Miami, in Oklahoma, che da tempo è stato demolito. Per salvare la Route 66 occorrerebbe riclassificare l'intero percorso come National Historic Trail, «che porterebbe un nuovo sviluppo economico», secondo il Trust. A guidare gli sforzi è il deputato repubblicano dell'Illinois Darin LaHood, che ha introdotto il disegno di legge nel 2017. La misura è già passata alla Camera, ma è una corsa contro il tempo: il Senato deve approvarla nei prossimi mesi in modo che il presidente Donald Trump la firmi entro la fine dell'anno, quando scade il programma federale che assicura i finanziamenti per il restauro.
«Se hai mai pensato di andare a ovest, viaggia come me e prendi l'autostrada più bella di tutte», cantava Nat King Cole nel 1946 in (Get Your Kicks On) Route 66, scritta dal compositore e pianista Bobby Troup. Un classico riarrangiato da tanti grandi della musica come Chuck Berry nel 1961, i Rolling Stones nel 1964, i Depeche Mode nel 1987 e Natalie Cole nel 1991. Ma la «Mother Road» ha dato il suo nome anche a un popolare spettacolo tv trasmesso dalla Cbs negli anni Sessanta, con due giovani americani in cerca di avventure sulle strade americane a bordo della loro Corvette, l'auto più associata alla Route 66.

E ancora fa da sfondo al romanzo di Steinbeck, Furore, a cui si deve il soprannome «Mother Road», e a tanti altri libri, come La Strada delle Anime Perse di Carol O'Connell.

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